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Antonio Russello fu scrittore molto prolifico, scrisse della sua terra, scrisse di Venezia, scrisse uno dei suoi libri più belli sul settecento europeo, dimostrando di non essere solo scrittore di cose siciliane, ma scrittore a tutto campo completo e raffinato. Antonio Russello fu anche scrittore impegnato e di denunzia e forse questo gli alienò le simpatie di politici e di tanti altri personaggi che avrebbero potuto aiutarlo per fargli avere un successo di pubblico che molti scrittori del tempo si guadagnavano attraverso le appartenenze. Russello non fu di nessuno, non chiese mai un articolo ad un giornalista per far parlare di se e volle sempre mantenere intatta la sua indipendenza per esprimere liberamente il suo giudizio su uomini e cose con una ironia sferzante ed a volte dura ed implacabile come ha potuto fare nel suo libro scritto tra il 1979 ed il 1980 e cioè dopo l’uccisione di Aldo Moro “Lo Sfascismo” “Storia d’Italia da piangere e da ridere dall’assassinio di Aldo Moro, Idi di Marzo, a quelle di Giulio Cesare.” Il libro pubblicato nel 1985 per i tipi della Casa Editrice La Galleria presenta una prefazione di Giuseppe Alù ed è composto da 9 punti, come dice lo stesso autore, “sopra la storia d’Italia. dall’Assassinio di Aldo Moro, idi di Marzo anno 1978 dopo Cristo, all’assassinio di Giulio Cesare, idi di Marzo anno 44 avanti Cristo”.

I nove punti o capitoli sono così titolati:

Punto I° : Dove il governo democratico italiano porta l’Italia, l’anno 1978, allo sfascismo.

Punto II°: Dove il governo democratico italiano si sfascia, l’anno 1922, nel fascismo.

Punto III°: Dove il Cavour, attraverso il Depretis, strizza l’occhio al Crispi che lo strizza al Mussolini attraverso il Giolitti.

Punto IV°: Dove l’Italia, l’ano 1861, s’è fatta, ma non con gli italiani.

Punto V°: Dove Cavour, l’anno 1859, fa l’Italia del Nord, Garibaldi nel ’60, quella del sud e nessuno, ancora nel ’65, la fa veramente.

Punto VI°: Dove l’Italia, tra sette e ottocento, tra giacobina e no, è un miraggio che appare e scompare all’orizzonte.

Punto VII°: Dove per l’Italia c’è un vuoto di tre secoli, dall’ottocento al cinquecento, in cui le signorie la portano alle moltinazionalità, gli stranieri alle servitù militari, e dove il Machiavelli e il Guicciardini ne parlano..

Punto VIII: Dove tra i barbari che vogliono unir l’Italia nel regno generale e gl’Italiani dividerla nelle repubbliche particolari, e i papi sfasciarla nell’impero universale, passano altri secoli.

Punto IX°: Dove il primo che sfascia repubblica in monarchia, stato nazionale in multinazionale, è Giulio Cesare.

Dai titoli dei nove capitoli che noi, volutamente, abbiamo trascritto per intero si può subito capire la natura del libro che è un romanzo, un libro di storia alla rovescia, un libro di satira amara e pungente, un libro di denunzia della cattiveria dell’animo umano.

Ma questo libro della storia d’Italia vuole rappresentare la storia vista dall’uomo comune Marcantonio, da Lucia Mondella, da Renzo Tramaglino e quindi la storia vista da Manzoni del quale i Promessi Sposi ed i suoi personaggi fanno capolino in tutto il libro di Russello.

Certamente tra Manzoni e Russello dovevano esserci delle corde che suonavano all’unisono: due personaggi al disopra del mondo comune, due cattolici sui generis che, descrivendo fatti comuni, vogliono arrivare a conclusioni di carattere generale sulla natura umana e sul senso o non senso della storia e quindi della politica che si fa storia.

“Quella politica di compromesso tra repubblicana e monarchica tra democrazia e dittatura tra nazionale e supernazionale tra temporale e spirituale tra Chiesa ed Impero fare stato ed impedirlo riformare e controriformare rivoluzionare e no: corre naturale come un fiume fin da Giulio Cesare…

…tutta in quei trent’anni di governo democratico 1948 – 1978 a fare il carattere ambiguo e bugiardo della classe dirigente italiana”.

Nulla cambia nella politica e nella storia che si ripete sempre la stessa in maniera vichiana e non poteva, in questo libro, non apparire la teoria dei corsi e ricorsi storici se è vero che Russello aveva precedentemente scritto il suo libro più bello intitolato Giangiacomo e Giambattista riferendosi ai due grandi del settecento Giambattista Vico e Giangiacomo Rousseau.

Neanche le parole cambiano e sono quasi sempre le stesse:

“Il bello era che, come allora il popolano Renzo, così oggi l’uomo della strada, il Marcantonio, cercava il punto di giustizia a suo favore e intoppava in parole difficili e d’ingiustizia in suo sfavore.

Centrismo. Centrodestra. Convergenze parallele. Centrosinistra. Compromesso storico. Politica d’unità nazionale. Prospettiva d’emergenza. Bipolarismo. Normalità di convergenze parallele. Politica delle astensioni. Politica della non sfiducia. Rifiuto di collaborazione. Linea di Confronto”. E, per dirla con Leonardo Sciascia, gli uomini politici come quelli che sanno leggere e scrivere sanno mettere una parola in culo alle altre e tutte le parole in culo all’umanità. E qui ci piace notare, incidentalmente, come i due autori agrigentini si incontrassero idealmente sul modo di pensarla e sull’interesse che in loro suscitò il delitto Moro a cui Sciascia dedicò un suo libro molto importante ed una polemica che gli costò tanta amarezza quando disse che Lui non si schierava né con questo Stato, né con le Brigate Rosse, cosa che Russello cita puntualmente nel suo libro.

Ed a proposito del delitto Moro è molto bella la galleria di personaggi politici descritta con gusto satirico ed ironico dal Russello che diventa molto attuale e sferzante. Chissà quanta responsabilità voglia attribuire a questi personaggi, il nostro autore, sulla morte di Aldo Moro! Non trattarono. Quindi è stato condannato dai suoi, da questo Stato e non dai brigatisti rossi ?

Ed il povero Marcantonio dice “Prima je fanno sparà, poi li piagneno e je fanno er discorso”.

“Le solite parole che je empiono la bocca”. « Ce vo’ l’omo d’ordine, ce vo’. Ventidue. »

e l’uomo d’ordine è venuto. Mussolinibenito parte col piede sinistro e dopo avere pronunciato la fatidica frase alia iacta est attraversa il Rubicone per fare la marcia su Roma. Il Mussolini per sfasciare la repubblica e sfasciarla nel fascio coniando una nuova parola “fascismo”, il Cesare per sfasciare la repubblica ed istaurare la monarchia.

Il Mussolinibenito va avanti di compromesso in compromesso: abbandona il piede sinistro e si mette a camminare con il piede destro, si accorda con gli agrari e gli industriali, trova un filosofo che lo fa filosofare e dà dignità culturale al suo rozzo contorno di uomini inetti, da repubblicano si accorda con la monarchia, da laico, come Liutprando, si accorda con il Papa concedendogli, il primo i territori conquistati, il secondo la guarentigie del concordato.

Ed il Papa, che aveva impedito per tanti secoli l’unificazione delle tante italie divise in staterelli, diventa il protettore della Patria risorta che vuole rifare l’impero romano portando allo sfascismo e Mussolini a pendere a testa in giù come il povero Cola Da Rienzo anche Lui partito alla conquista di Roma come difensore dei poveri per diventare tutore di chi possedeva ed aveva sempre comandato.

Si chiamerà questo trasformismo: nulla di nuovo sotto il sole: Giolitti ne diventa il maestro assoluto fino al punto che viene trasformato il significato delle parole. La sottrazione indebita si chiamerà “accorgimenti” di bilancio, il prelievo per armamenti si chiamerà “Avanzo accertato nei precedenti consuntivi” o “Prelevamenti di cassa” o “Gestione Fuori bilancio”

E mentre l’Italia va in guerra la gente muore di fame, l’Italia e gli italiani non si fanno, anzi vengono mobilitati con la leva ed il povero Pinocchio è costretto a vendere il suo sillabario, mentre il mezzogiorno, occupato dai piemontesi, tocca il fondo del degrado economico,

Ed a questo punto dobbiamo dire che il Russello pone una attenzione particolare al periodo post risorgimentale nel meridione e particolarmente alla Sicilia, soffermandosi sul fenomeno del cosiddetto banditismo che invece è stato un momento di rivolta contro le delusioni cocenti che inflisse alle popolazioni del sud il processo unitario che, come abbiamo detto, fu visto come processo di occupazione e di espoliazione. E bello, a tal proposito è il dialogo, tra il Gancia ed il Florio che si sfidano a duello.

Ci piace a questo punto ricordare il libro di Russello “ La luna si mangia i morti” dove il bandito di Favara viene chiamato “il guardiano della piana”. L’occupazione piemontese aveva imposto la leva militare di quattro anni, le tasse, aveva cambiato tutto per non cambiar nulla, la giustizia era rimasta quella dei padroni e dei feudatari ed infatti il nobile grottese che aveva ucciso un suo contadino con una pedata nei coglioni e che viene inseguito dalla giustizia, stizzito dice “ ma come non si può manco uccidere un contadino ?”.

In questo clima l’unico che somministra giustizia vera e reale tra le popolazione è il bandito che poi si trasforma in mafioso patriarca che aggiusta tutte le lite del paese.

E quando Russello sottolinea queste cose non lo fa certamente per un amore verso la vecchia mafia di paese che era considerata in modo quasi bonario da certi strati della popolazione, ma lo dice con grande amarezza e per fare una denunzia anche se il suo pessimismo lo porta a dire che per “riuscire” bisogna uscire dalla Sicilia.

E’ chiaro che Russello abbia letto attentamente “I Vecchi e i Giovani” di Pirandello e che tra i due vi siano affinità di giudizio su un periodo storico della Sicilia che va dall’unità d’Italia fino alla fine dell’800 e che segna la sconfitta della vecchia e della nuova generazione e del meridione che fece il Risorgimento, come non lo fecero altre regioni, e dall’unità ricevette solo miseria, occupazione e piombo per giovani, vecchi, bambini e donne che osavano ribellarsi per chiedere condizioni di vita più dignitose. Tutte le leggi, compreso il protezionismo favorivano le industrie del Nord ed il Mezzogiorno moriva e quando i dirigenti dei fasci chiesero stanziamenti straordinari per aiutare i contadini e gli zolfatai, il Governo rispose con lo stato d’assedio.

Ma lasciata questa digressione vogliamo tornare al nostro libro che noi vorremmo raccontare per intero perché tutte le pagine ci affascinano e sono piene di grandi significati e di riferimenti culturali. Ci affascina il dialogo tra Mussolini ed il filosofo Gentile, le battute tra il Florio ed il Gangia, i dialoghi tra Garibaldi e Nino Bixio che opera la strage di Bronte, le lettere tra il Guicciardini ed il Machiavelli, i conti meschini di Vittorio Emanuele II che giudica le annessioni in termini di fiorini che affluiranno alle casse dello Stato piemontese, le lettere tra Cesare e Pompeo, i dialoghi tra il Cavour e il D’Azeglio dove il Cavour sostiene che “ Bisognava pur che nel Sud dove c’è il caos, l’anarchia, l’incapacità di reggersi da soli, il Nord scendesse burocraticamente, di necessità, ad insegnare che noi, coi piccoli gruppi nazionali, con le piccole e medie industrie sempre attive, ci sappiamo autogestire, e loro, nel meridione no”.

Vorremmo scrivere ancora tanto su tutti questi dialoghi perché sono bellissimi, veri e rivelano una storia d’Italia che a scuola certamente nessuno ci ha mai insegnato. A scuola abbiamo appreso l’idea fascista di un risorgimento patriottico, eroico, dell’unità della Patria che poi si rivela matrigna. Per capire la vera storia bisogna leggere Pirandello, Sciascia, Russello, Gramsci.

Ed a proposito di Gramsci il Russello avrà certamente letto la raccolta dei pensieri sugli intellettuali italiani se è vero che il nostro autore parla della funzione internazionale dei nostri intellettuali che non potevano trovare spazi nelle signorie e si misero a lavorare per i grandi stati nazionali europei producendo una cultura universale le cui tracce indelebili resteranno in tutta europa. Questo intellettuale incomincia a nascere con l’Impero fondato da Giulio Cesare, con il papato e quindi con il rinascimento e si diffonderà, come abbiamo detto, in tutta Europa.

E con l’assassinio di Cesare si conclude l’opera del nostro Russello. Da Moro, attraverso Cola Da Rienzo e Mussolini, ambedue appesi a testa in giù, attraverso una storia simile, si arriva all’uccisione di Cesare ed anche in questo caso si giudica l’ucciso “pieno di clemenza” “ geniale” “provvidenziale” necessario” anzi “ ne buono ne cattivo”.

“Prima cioè il popolo aveva applaudito a Bruto che fece un discorso; poi ad Antonio che ne fece un altro contrario; poi agli altri che ne fecero un altro contrario a quest’ultimo. E l’uomo della strada, il Marcantonio diceva si a tutt’e tre, e la conclusione era l’allontanarsi del cervello e della conoscenza dal senso critico e l’andarsi ad allineare col senso del ridicolo, della norma. Se Antonio nel discorso funebre faceva l’elogio di Cesare e tutti piangevano; se poi gli altri all’incontrario non lo facevano e tutti ridevano; e se poi gli altri ancora poi nè piangevano nè ridevano; era perché il popolo non sapeva distinguere che quel passar di tutti a Cesare significava che tutti eran contro Cesare; e che se infine gli altri nè piangevano e nè ridevano, era perché il popolo non sapeva distinguere che le parole che esistono per comunicare, non comunicavano più niente ed erano, come dice un tale, puttanelle,meretriculae.

Questa dove il tragico era così comico da far ridere, addì 15 marzo del ’44 a.c., era l’Italia.”

Ed in queste ultime parole del Russello si racchiude tutta la filosofia del libro che deve essere prima letto e poi riletto per essere gustato in tutta la sua bellezza e per capirne i profondi significati che traggono spunto dalla vasta cultura umanistica del nostro autore.

La luna si mangia i morti, La storia di Giangiacomo e Giambattista, Venezia zero ed ora Lo sfascismo danno già l’idea di uno scrittore completo il cui nome deve essere accostato a quello di Pirandello e di Sciascia perché dimostra una dimensione europea di prima grandezza.

Ed a tal proposito se Gramsci scrisse sulla dimensione internazionale degli intellettuali italiani, bisogna che qualcuno faccia una accurata ricerca per scrivere della dimensione universale degli scrittori siciliani che affondano le loro radici nella cultura della magna graecia, nella cultura romana nella scuola federiciana, negli influssi svevi, normanni, arabi, francesi, spagnoli.

Ed Antonio Russello sicuramente appartiene a questo filone di intellettuali che ha inteso parlare al cuore ed alle menti di tutte le genti.

Agrigento,lì 10.1.2004

Gaspare Agnello