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Sono passati 64 anni dalla barbara uccisione del socialista- sindacalista Placido Rizzotto e, a distanza di così lungo tempo, ritrovate le sue ossa, lo si onora con un funerale di Stato e con la presenza della Presidente della Repubblica italiana.

Io sono un vecchio socialista che ha preso la sua prima tessera del Partito nel lontano 1952 con la firma di Pietro Nenni e del calzolaio Melchiorre Terrana segretario delle sezione socialista di Grotte.

Ho conosciuto la mamma di Salvatore Carnevale che ho accompagnato al Congresso dei giovani socialisti a Perugia nel 1955 dove la signora Serio incontrò la Signora Carmen, moglie di Pietro Nenni e tutti i dirigenti socialisti del tempo.

Mi sembra difficile credere che un dirigente socialista, un compagno assassinato dalla mafia di Corleone, capeggiata dal Dr. Navarra e Luciano Liggio, possa avere tanto onore dalle istituzioni.

Financo il regista Pasquale Scimeca, nel suo film, ha omesso di dire che Rizzotto era un dirigente socialista.

Forse il mondo è cambiato? Probabilmente. I miei ricordi sono terribili e difficili da narrare perché allora mafia e Stato erano la stessa cosa.

Ricordo che a Grotte, quando arrivava un deputato della Democrazia Cristiana, veniva accolto nella sagrestia dall’Arciprete, dal Sindaco, dal capo della mafia, dal Maresciallo dei carabinieri. Lasciava alcune bustarelle e andava via sicuro di essersi assicurato un bel bottino di preferenze.

Il capo della mafia di Grotte si interessava per i rilasci di passaporti e di porto d’armi e per quanto la gente aveva bisogno dalla città di Agrigento. Quindi era chiaro che il mafioso avveva la possibilità di entrare ed uscire dalla Questura ed era accreditato per sbrigare le faccende dei suoi compaesani che a lui si rivolgevano.

La Chiesa non pensava minimanete di condurre una lotta contro la mafia, anzi ad essa si appoggiava per accreditarsi in certi comuni rossi come Ribera, Raffadali, Sambuca dove le amministrazioni non erano ligie alle gerarchie ecclesiastiche.

Polizia e Carabinieri erano intenti a schedare comunisti e socialisti e questo lavoro veniva fatto con tale meticolosità che nessuno sfuggiva alla schedatura per cui per uno di sinistra era difficile vincere un concorso nella Pubblica Amministrazione.

In quel periodo decine di militanti socialisti e dirigenti sindacali venivano assassinati dalla mafia dei feudi e i processi si concludevano con assoluzioni clamorose e scandalose. E questo avveniva perché le uniche forze che si opponevano alla mafia erano le forze della sinistra che capivano che la mafia voleva mantenere lo statu quo e si ergeva a difesa del latifondo, dei baroni, contro il nuovo che si andava costruendo dopo la proclamazione della Repubblica nata dalla lotta di liberazione nazionale.

Placido Rizzotto, Accursio Miraglia, Salvatore Carnevale e tanti altri, fino arrivare al numero di circa 45 vittime della lupara mafiosa furono le vittime sacrificali di una battaglia di civiltà che ancora continua.

Probabilmente il Capitano dei Carabinieri Della Chiesa era una grande eccezione perché riuscì a mandare alla sbarra gli assassini di Rizzotto che poi vennero scagionati.

I processi allora servivano per affievolire la verità che via, via svaniva e diventata nebulosa. Tutto era colluso e permeato dal virus della mafia. La giustizia nei paesi veniva amministrata dal boss che si ergeva a difensore dei deboli. Il bandito Verdone, dello scrittore Antonio Russello, dominava la piana di Favara.

Allora il mondo è cambiato? Certamente il mondo è diverso: le stragi di Capaci e di via D’Amelio, la uccisioni di tanti magistrati e di tutori dell’ordine pubblico, l’uccisione di Don Pino Puglisi, hanno inciso sulla coscienza della gente e sulla volontà dello Stato di estirpare la mala pianta.

L’anatema di Giovanni Paolo II lanciato nella Valle dei templi di Agrigento e l’uccisione di Don Pino Puglisi, hanno rappresentato lo spartiacque tra la Chiesa connivente e la Chiesa scesa in capo nella battaglia per la legalità.

Oggi le scuole e i giovani prendono coscienza del fatto che se non si combatte la mafia non si può avere sviluppo economico.

La Sicilia e tutto il meridione pagano un prezzo salato alla malavita organizzata che impedisce uno svilupppo economico come avviene per  le altre regioni del nostro paese..

La battaglia contro le organizzazioni criminali oggi è forte e incisiva perché colpisce i beni dei malavitosi, ma la lotta sarà dura perché oggi la mafia, la ndrangheta, la sacra corona unità, la camorra, hanno cambiato pelle e si sono infiltrate in tutti i gangli della vita economica del nostra paese, nord compreso.

Non ci facciamo illusioni anche perché ormai ci sono legami internazionali potentissimi. Occore una sinergia di tutte le forze dei paesi interessati, occore una battaglia dura e continua, occorre avere il coraggio di Placido Rizzotto, di Turi Carnevale, di Accursio Miraglia, Del Maresciallo Guazzelli,  di Falcone, di Borsellino,di Don Pino Puglisi e non tutti lo abbiamo.

Non sarà facile ma occorre avere costanza e coraggio.

Il mondo cambia e speriamo che possa cambiare in meglio.

GRAZIE PLACIDO RIZZOTTO

Agrigento,lì 24.5.2012

Gaspare Agnello