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Ferruccio Mazzariol ci riprova e per la decima volta, in circa dieci anni, manda in libreria Antonio Russello, con l’inedito “Ragazze del Friuli” che l’autore aveva scritto nel 1982.

L’opera narrativa di Russello è profondamente autobiografica e i primi suoi titoli si rifanno al luogo di nascita.  “Il tempo di ‘Le terre dello zio Santo’, scrive Russello, di ‘La luna si mangia i morti’, di ‘Il  vento e le radici’, si può dire che sia lo stesso tempo dell’infanzia trascorsa al paese nativo di Favara, nell’agrigentino, con puntate in avanti o meno, ed esso vi coesiste e vi traspare, e nei tre romanzi si snoda l’epoca pressappoco dal 1928 al 1945. Ma c’è un ritorno degli stessi argomenti o stessa atmosfera”.

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E poi, continua Russello, “ Con un passo all’indietro, ritornando all’anno 1945, esso stabilisce il punto di partenza o di ‘fuga’ dell’autore dalla Sicilia nell’occasione di un suo richiamo a completare il servizio militare da ufficiale di complemento, nel Friuli, all’estremo confine d’Italia. Nasce qui il ciclo dei romanzi che inaugurano la tematica della letteratura dell’esilio o del confine e vi è connessa anche la tematica dell’amore, per esser questa una stagione felice-angosciosa della giovinezza che trova il suo compimento nella trepida attesa d’incontri femminili e di ragioni sconosciute che destano meraviglia e stupore della scoperta peraltro agognati e presentiti nel subcosciente, come memoria del futuro”.

“Da Cesano di Roma, ci dice ancora l’Autore, il balzo alla sede assegnatami…

…fu rapido, e lo feci in Friuli nel Nord sempre nel senso che mi auguravo a fuggir  dalla Sicilia, il destino aiutandomi in questa folle corsa.

Mi fermo, come Ulisse dei Feaci da cui si fa raccontare egli stesso dalla cetra dell’aèdo Fèmio le sue avventure. Io mi fermo, per citare da “Ragazze del Friuli” questa predestinazione: ‘L’arrivo a Palmanova (in quel di Udine) era stato che dalla carrozza che ci portava noi novelli ufficiali, la sola valigia caduta a terra che presagiva che un contatto con il suolo friulano sarebbe stato fatale (hic domus, haec patria est) apparteneva a me, Un segno, come Enea che aveva capito d’essere arrivato nella terra promessa quando i suoi compagni avevano mangiato le mense: ‘Heus ! etiam mensas consumimus’.

Io, in quella terra, una sera d’estate e in un viale avrei incontrato la ragazza che poi avrei sposata. Forse in lei si depositavano frammenti di amori più o meno delusi, ed era l’ultima, ma si sa che l’ultima è sempre la prima.

Nel frattempo, dopo congedatomi, per starle vicino e per non far ritorno alla terra natale, prima fu una banca a Venezia in cui fui dirottato dalla scuola, poi fuggito dalla banca ( o cioè: licenziato) perché era ivi innaturale la mia permanenza a causa ch’io non ero in buona con i numeri e con le partite doppie, ecco che rientrai nella scuola dov’era il mio vital nutrimento. Ma sempre restando in posti vicini alla terra della promessa sposa”…una sartina, una incolpevole fanciulla  tirata fuori dal suo anonimo destino, presa forse dal fascino della divisa del favarese Antonio Russello.

Queste riflessioni dell’autore di “Ragazze del Friuli”, tratte da “La vita postuma” e da altri appunti, abbiamo voluto citare per dire come Russello abbia concepito questo scritto e cosa rappresentasse per lui.

Basterebbero queste citazioni per avere contezza del senso profondo e struggente dell’opera, ma noi dobbiamo andare più in profondità per capire cosa rappresentò per il siciliano Russello, questa scelta di una donna del Nord e per giunta incolta, seppur bella e affascinante.

La storia, che è quella autentica dell’Autore, consiste nel suo innamorarsi, a prima vista, appena arrivato nel Friuli, della bella Emma, una sartina di Visco, nei pressi di Palmanova.

La vicenda, come ognuno potrà vedere leggendo il libro, è a lieto fine perché il Tenente Russello sposerà la bella Emma da cui avrà due figli, diventando di fatto Veneto di adozione e siciliano di nascita

Una sera mentre va in bicicletta con il suo collega Casserini, si ferma vicino a un sedile dove siedono due ragazze, Elvira Comelli ed Emma. I due vanno a sedersi accanto alle ragazze e il tenente finisce accanto alla bellissima Emma e lì lo prese la magia che non l’abbandonerà più per condurlo all’altare.

Quella coincidenza è stata organizzata dal collega Casserini o è stato il destino a creare l’occasione? Russello conosceva bene la letteratura greca e quindi pensa subito al “fato” che addusse lutti agli achei e provocò la distruzione di Troia, la fuga di Enea e tante altre cose che arrivano ai nostri giorni.

Scrive l’Autore: “Visco, un puntino nemmeno scritto sulla carta geografica, mentre dicendomi questo invece a me pareva che quel puntino messo ad altri vicini facesse una linea lunga che era il destino, lo spazio di cui non arriviamo mai a toccare il confine…”

“…Ma che cos’è il destino se non una sciocca e vuota parola al cui posto mettiamo quello che ci fa meglio comodo?”

Il fatto sta che quel sedile ha cambiato la vita del nosto tenente siciliano che diventa friulano.

A questo punto ognuno potrà pensare che ci troviamo dinanzi a un romanzo rosa che racconta una bellissima e strana storia d’amore che si conclude positivamente: una storia romantica o per dirla in termini moderni una ‘soap opera’ di quelle con 500 puntate che le casalinghe vedono mentre fanno i lavori di casa magari per dare fondo al bisogno di un pianto consolatorio.

Se fosse così certamente, il grande scrittore Russello, non avrebbe minimamente pensato di scrivere “Ragazze del Friuli”.

Piuttosto Russello ha cercato di descrivere un mondo, un dramma personale e generazionale, il rimorso del tradimento della sua terra che era quello del dopo guerra, la sua voglia di novello Odisseo di sperimentare nuove avventure e di scoprire nuove terre sempre più a nord, il nord che noi giovani abbiamo sognato  come la terra promessa e verso cui sono partiti migliaia e migliaia di meridionali per trovare il loro Eldorado e contribuendo a creare il boom economico degli anni ’60 e ’70.

Russello aveva anche la necessità di raccontare dello strisciante razzismo e della condizione dei friulani che, delusi dall’Italia, avrebbero preferito restare legati all’Austria. Ci hanno liberati. Ma da chi e da che?

Quest’atteggiamento Russello lo sentì sulla sua pelle e lo ha descritto, sarcasticamente, in “Siciliani prepotenti” avendo contezza che da questi presupposti è nata l’idea secessionista che alligna in alcuni strati della cosidetta “Padania”.

Pose anche il problema dell’integrazione e quindi dell’entrare in una nuova cultura quale quella di Svevo, di Gozzano, di Saba, di Stuparich, di Bassani, Meneghello, lui che era figlio di Pirandello, di Verga, di Martoglio, Rosso di San Secondo e fratello di Angelo Petyx e Quasimodo.

Queste, in sintesi, sono le grandi tematiche del libro che vale la pena esaminare attentamente perché ne ricaveremo una impressione altamente positiva e vedremo un quadro di un’epoca, di una cultura, di modi di pensare, di differenziazioni di culture che stentavano ad amalgamarsi.

La prima cosa che si presenta al lettore è il problema del disadattamento.

Dobbiamo dire subito, uscendo dal romanzo, che Russello è stato concepito ‘in un deserto’ e cioè in un casello ferroviario del nisseno, è nato per caso a Favara perché  allora era d’uopo che le donne andassero a sgravare in casa della madre, visse l’infanzia a Caltanissetta, la giovinezza a Palermo e le ferie estive a Favara e nella marina di Fiume Naro. Quindi non aveva una radice stabile anche se Favara gli entrò nel sangue e buona parte dei suoi libri sono lì ambientati. Trenta anni in Sicilia e quaranta nelle venezie.

“La vera identità di paese, scrive Russello, è crollata tra lo scontrarsi delle due illusioni, ed in mezzo il tuo cuore che sbanda dall’una all’altra, spaccato, in bilico come una roccia rotolata e finita sull’orlo di un monte, che non sa se stare su o se precipitare. Uno come me, stato trent’anni in Sicilia, poi quarant’anni nel Nord, era come quel masso che sta sull’orlo e non sa dove e quando cadere nel dirupo sottostante.

Io, in Friuli, arrivatoci per fare il militare, mi portavo dalla Sicilia il valore della fedeltà all’amore, e quanto alle probabili ragazze di conoscere, il sentimento d’esser fedele solo ad una. Le ragazze friulane invece che vidi girarmi intorno, s’intende pertanto strette nei balli ai loro ragazzi friulani e lo scambiarseli senza mai fare coppia fissa, contraddiceva a quel principio. Ecco, qui il cuore cominciava a sbandare”.

Ecco come prima cosa che lo scrittore avverte le differenze di costume che lo colpiscono, probabilmente anche positivamente.

Egli è arrivato in un “altro paese che gli ha preso i connotati più belli, l’ha svuotato d’ogni senso e il nuovo luogo di soggiorno ha avuto su di te tutte le seduzioni dell’esservi nati e di non essere affatto in prestito, ma essere il punto vero della fine d’ogni cammino o illusione, senza più orizzonte da travalicare.”

E del resto il grande golfo che dal Fiune Naro arriva a Realmonte se lo rivede a Grado gurdando il golfo di Trieste.

Russello non si sentiva in prestito nel Nord ed era come se vi fosse nato.

Mentre con il treno sale verso il nord vede la nebbia come una luce naturale e al collega Casserini che si sentiva “sempre più sottratto alla sua terra” diceva: quest’andata per me è come un ritorno e che sebbene non ci fossi stato mai nel Nord, più avanti c’era qualcosa che avrebbe o che era già avvenuta. Anche la nascita per dire. Forse anche Emma e il grande e vero amore.

Vero tutto questo, ma Rina Biasutti gli fa pesare il fatto di essere meridionale e gli dice che non può forzare la mano nello stilare la graduatoria per gli incarichi nelle scuole per non suscitare l’ira dei candidati locali. E quando la stessa gli diceva che lui “era uno di loro” sentiva già odore di razzismo. “Quassù c’è ordine, nel senso civico, laggiù disordine”. “Disordine anche nei sentimenti”. “Gli italiani di laggiù hanno tradito. Gli italiani di laggiù sono dunque immorali.

Il malessere friulano porta anche a odiare gli italiani e specialmente i militari che li avevano sottratti all’Austria: “i civili ci guardavano male noi soldati, perché responsabili, con le due guerre mondiali, d’averli fatti passare da una amministrazione efficiente e civile quale quella austriaca, sotto una inefficiente e incivile quale quella italiana di Roma capitale, e che di noi-dicevano- non avevano bisogno, e di che cosa, dicevano, li avevan liberati “questi sporchi italiani”? Da che cosa avevano liberato Gorizia, Trento e Trieste?. Russello scrivendo queste cose sente già l’avanzare del pensiero leghista che non è invenzione di Bossi, ma frutto di una situazione antica di incomprensioni e di interessi economici.

Al tenente-Professore, venuto dal Sud col treno del sole, si fa pesare che si sia innamorato di una sartina che non ha studiato e che quindi non può essere all’altezza di un uomo addottorato.

Il Tenente è stato folgorato dall’amore, forse dalla terra friulana, dal desiderio di evasione e non vuol sentire ragioni.

Elena, la suonatrice del pianoforte, dice Russello, “ mi parlava sempre bene di Emma, mi diceva che la povertà materiale e quella intellettiva non erano un delitto o un ostacolo; ma io capivo che stava dicendomi d’un rapporto che sarebbe più indovinato tra due anime che avrebbero una consonanza nell’amore per la musica, sorretto di una base sostanzialmente economica…”

Nel mio silenzio la ragazza capiva “il mio incaponirmi nella fedeltà per Emma, il mio giovanile errore che è umano, ma il perseverare che è diabolico.”

Casserini addirittura arriva a dire che “una decisione presa così alla leggera, per un’infatuazione e, ammettiamo pure, per un amore così grande, era causa di rovina che cominciava da quella di tradire la Sicilia”.

L’amore non ha ragione e Russello si definisce “ disertore, disubbidiente, ribelle e va avanti per la sua strada.

Del resto anche Umberto Saba sposò una sartina che, nel canzoniere del poeta, diventò la signora Lina:

Quel giorno ancora chiamo il più felice

Dei miei giorni, che in rosso scialle avvolta

Ho salutata per la prima volta

Lina la cucitrice.”

Cosa vuol dire la differenza di cultura se c’è l’amore? Probabilmente c’è un peccato di presunzione nell’uomo di lettere: “Chi è stato sempre chiuso sempre nei libri pecca d’un presuntuoso prevalere sugli altri; egli crede d’aver messa addosso la cultura come una seconda pelle e non sa che essa è invece un occhiale scuro che rende oscure le cose che guarda. ‘Basterebbe’ m’avrebbe detto Emma ‘che tu ti levassi quegli occhiali, mi vedessi come sono e non come mi hai esagerata”.

Russello va avanti, sposa la sartina e abbraccia la terra friulana a costo di dover trovare sepoltura in terra straniera come un ebreo errante e contraddire il “furbastro scrittore siciliano”ben radicato nella sua terra.

Scrive Russello:

“Avevo letto di uno scrittore siciliano di successo, rimasto in Sicilia, che aveva compianto o forse irriso tutti quegli altri intellettuali siciliani che se n’erano andati dall’isola nel continente, in volontario esilio. Il ben radicato nella sua terra furbastro scrittore, aveva detto cosa sarebbe capitato a questi emigranti fra le altre sciagure che volutamente si procuravano: quella di dovere essere seppelliti in terra straniera”.

Questo concetto lo abbiamo voluto riportare per intero perché fa trasparire una certa, non velata, avversione di Russello nei confronti di Sciascia che non è stato mai un furbastro né tanto meno scrittore di ‘libelli’.

Sciascia è stato il nostro padre spirituale, è stato certamente un grande scrittore  che Russello non riuscì a capire per alcune incomprensioni o forse per il suo carattere schivo che gli impedì di intavolare un rapporto con lo scrittore di Racalmuto che certamente sarebbe stato proficuo. Ma questo è un discorso che svilupperemo a parte.

Dopo questa digressione, è giusto ritornare al libro di cui trattiamo per dire che Russello diventa a tutti gli effetti friulano e veneto.

Il Friuli con le sue montagne, con il suo verde, con i suoi paesaggi gli procura tanta ispirazione e tanta felicità.

Ritorna in Friuli da Presidente di commissione di esami ed è accolto come uno di loro e questo lo gratifica.

Gli erano entrati nel sangue “gli agguati delle coppie nelle sere da ballo, l’odore aperto nel polline che si stacca dai fiori, i filari di viti e di gelsi nei campi sterminati”.

Gli entrava nel sangue la letteratura veneta che aveva assaporato da giovanissimo con il “Il Fornaretto di Venezia”, “Il ponte dei sospiri”.

Incontra Stuparich con il libro e il film “Un anno di scuola”, Italo Svevo con “La coscienza di Zeno”, Quarantotti Gambino con il romanzo “La rosa rossa”, Renzo Rosso con “La dura Spina” e quindi Gozzano, Saba, il triestino Renzo Rosso, Giorgio Bassani, Meneghello.

Da Verga e Pirandello, ai veneti e poi anche a tutti gli scrittori del suo tempo come Pavesese  che Russello sente come suo conterraneo per le tematiche contadine.

Senza dire che Russello non finisce mai di leggere i classici greci e latini, la letteratura americana ed europeae, di gustare la musica lirica europea di cui era profondo conoscitore come si evince facilmente leggendo le pagine del romanzo di cui noi parliamo.

Dopo questa lunga dissertazione su “Ragazze del Friuli” qualcuno potrà obiettare che noi non abbiamo parlato delle ragazze del Friuli e non le abbiamo presentate.

Quando si recensisce un grande scrittore si va al pensiero, a quello che pensa e vuol dire, sapendo che i personaggi sono pretesto e certamente protagonisti.

E’ chiaro che Emma è alla base di tuttta la storia come lo sono Vanda e Pina, le sorelle di Emma e Rosina e Concetta, cugine di Emma. Elvira è l’amica di Emma, seduta dalla parte opposta del sedile.

Ricorderemo anche Elena Zecchini, la suonatrice del pianoforte, che non avrebbe disdegnato l’amore del tenente siciliano, professore di lettere.

Rina Biasutti è un’altra ragazza del Friuli che il nostro va a trovare a Padova.

Russello, figlio di un mondo siciliano, che considerava la donna come oggetto inarrivabile, ama queste friulane che può abbracciare liberamente nei balli e quasi le desidera tutte e certamente le vorrebbe anche possedere.

Il suo cuore è stato fulminato forse perché il destino l’ha portato a sedersi accanto a Emma o perché nel suo pensiero vi era il sogno di un altro mondo più ampio e diverso dal suo, perché nel suo destino c’era un’aspirazione a una dimensione europea della sua vita e della sua letteratura.

Certamente questa seconda spiegazione ha determinato il destino di uno scrittore siciliano di nascita, veneto nel cuore , europeo nella dimensione culturale che, per scrivere i suoi libri usa un linguaggio “impervio”, essenziale, funzionale che, come direbbe Consolo, aspira alla poesia.

La sua è una constructio particolare in cui elidendo un soggetto, un verbo, una congiunzione cerca di dare maggior rilievo a personaggi o a situzioni che urgono di essere rappresentati: “MIO PADRE lo vidi affacciarsi dal finestrino”, oppure “STESSA COSA MI DISSE, una domenica alla pista da ballo di San Vito al Torre, sulla strada verso Gorizia, il Capitano Piazzi…”. E ancora “VANDA E PINA erano le sorelle di Emma. La quale, di 20 anni, era l’ultima nata, le altre avevano qualche anno in più”. Analizando questa ultima frase il lettore si può rendere conto quale tipo di prosa sia quella del grande narratore Antonio Russello.

Nel suo inedito “Contrada Malvizìo” l’Autore afferma “ Il parlar che io faccio fare ai personaggi si scosta da un mio  stile iperbatico e, con periodi allineati, accostati più che snodati e legati alle subordinazioni sintattiche, ne assumono uno paratattico”.  E nelle stesse notazioni del 1999 afferma che in molte sue opere si possono notare riferimenti a opere di altri autori da cui molte frasi prendono le mosse. “Si è detto, scrive Russello, che copiare è dei geni, e che l’imitare è dei mediocri. E dice ancora di attingere a Steinbeck, a Vittorini, a Pavese, a Meneghello, ai classici greci. Per trovare questi riferimenti ci vorrebbe uno studio molto approfondito e una conoscenza della letteratura mondiale pari a quella di Russello. Comunque non è difficile trovare alcuni di questi riferimenti nel libro di noi esaminato.

Come si vede Russello, sotto il profilo del linguaggio e dei riferimenti letterari, è un autore molto complesso che, a nostro avviso, merita una considerazione diversa dala critica militante che, molto spesso diventa strabica e non sa selezionare il grano dall’oglio.

Ma ormai i libri di Russello, appena pubblicati, diventano classici e lentamente verranno riscoperti da quanti amano la grande letteratura e il bel narrare.

Agrigento,lì 14.2.2013

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Gaspare Agnello