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Girolamo La Marca ha pubblicato nello stesso volume, in proprio, due romanzi uno “Blu Cobalto” e l’altro “Elén” ‘La brina dagli occhi’.

Noi abbiamo letto solamente “Blu cobalto” e siamo rimasti colpiti positivamente da questo lavoro di La Marca. E ci siamo chiesti chi fosse questo signore di Ravanusa. Sappiamo solamente che è laureato in Giurisprudenza, che è poeta in lingua e in dialetto, che dipinge e che si è cimentato anche con la scultura realizzando alcune cose in bronzo. Insomma La Marca è un artista inquieto, un uomo che cerca la sua dimensione culturale e che nella cultura cerca il senso della vita, se la vita ha un senso.

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Forse La Marca è “un’anima persa”, un uomo “angosciato”, un uomo “solo”, un artista  “in cerca di se stesso”, un uomo che pensa al “vizio assurdo” di Pavese?

Ma no! Questo è Ettore Mazonati il personaggio del suo romanzo “Blu cobalto” un medico che vive nel suo paese con i suoi genitori e che esercita la sua professione con molto successo. La gente lo apprezza e lo stima perché è un uomo dedito alla professione con disinteresse, aiutando sempre la povera gente.

Dopo una forzata avventura con la sua infermiera decide di abbandonare la professione di medico e il suo paese natale e quindi i genitori per trasferirsi in un altro centro.

Qui Ettore diventa quello che veramente vuole essere e, abbandonata la professione di medico, si dedica interamente alla sua passione per la pittura, che è stata sempre la sua “amante” nascosta.

Entra nella sua vita Gertrude, una donna misteriosa che si presta a posare come modella; il successo del pittore è rilevante e la sua notorietà oltrepassa i confini dell’isola, ma il tumore lo afferra ai polmoni ed ecco il ricovero a Roma dove un’altra donna dagli occhi “blu cobalto” lo conquista. E’ Valeria la Dottoressa che lo cura e gli ridà la salute, l’amore e la gioia di vivere.

L’avventura dell’ospedale segna profondamente la vita di Ettore che sente il bisogno di paternità e sente, pur non essendo credente, il bisogno di Dio: “Guardai il Crocefisso che avevo di fronte e che fino allora non avevo notato ed abbozzai in silenzio e timoroso una preghiera”.

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Valeria ed Ettore sono due anime solitarie: lei divisa dal marito e che trova la ragione di vita nella professione, lui medico fallito che trova la sua ragion d’essere nella pittura ma tutti e due sbandati e angosciati.

Basta una cena insieme per far scoccare la scintilla dell’amore che, in loro, è bisogno di affetto, di compagnia, di evasione dal vizio assurdo: “ Per un’ora ci siamo stretti l’uno a l’altra, girati, capovolti e per un attimo, nudi, per terra, provammo l’estasi di un orgasmo mai avuto prima. Non capivamo niente e volevamo capire. Avevamo bisogno di dimenticare tutto e tutti, di allontanarci un istante da quel mondo che ci stava stretto a entrambi”.

Ma la vita ha le sue esigenze e finita la degenza Ettore deve rientrare in Sicilia e “Si ritrova al punto di partenza: solo ma con un rimpianto nuovo da coltivare”.

Ritorna alla sua solitudine, alla sua inquietudine, al ‘vizio assurdo’: “verrà la morte e avrà i tuoi occhi”.

“Io non avevo figli da fare studiare, né una donna che aspettasse ogni giorno il mio arrivo: avevo solo la mia ombra a farmi compagnia ed i fantasmi di un passato che non mi abbandonava mai”.

Ma la vita ha sempre le sue sorprese e forse vale la pena di viverla. Infatti nel momento più buio dell’esistenza del nostro pittore ‘maledetto’ ecco che ricompare Gertrude. Per fare che cosa? Non lo sappiamo.  E’ l’amore che dà sempre una nuova speranza e che ridà la vita.

L’amore sconfigge il cancro e forse l’amore di Gertrude sconfiggerà “il vizio assurdo” di Ettore.

Questo romanzo breve è veramente coinvolgente e drammatico e descrive il dramma di tanti artisti che vivono soli con la loro arte, nell’incomprensione generale di un mondo che non capisce mai il senso della vita o meglio il dramma del vivere perché ognuno è preso dal Dio denaro e dalla follia del successo.

L’artista è un diverso e come tutti i ‘diversi’ è un incompreso, un essere giudicato ‘folle’ e quindi deve vivere  la sua solitudine che rimane tale anche se vive in mezzo alla folla, una folla ‘bigia’ che, come l’asino di Carducci, continua a brucare un cardo rosso e turchino mentre passa veloce la locomotiva simbolo del progresso, della velocità, del viaggio, di un mondo altro che è difficile da capire.

La Marca con questo racconto ci ha coinvolto e ci ha fatto riflettere perché in esso ci siamo specchiati tutti quelli che siamo soli, drammaticamente soli, incompresi, con addosso ‘il vizio assurdo’ e che cerchiamo il senso della nostra vita nell’amore, nella sublimazione.

Il libro, come abbiamo detto, è stato pubblicato in proprio dall’Autore e quindi manca il lavoro di editing di cui non si può fare a meno perché tutte le pubblicazioni hanno bisogno di un lavoro di pulizia che non può essere fatto dall’autore stesso. Noi superiamo questo deficit e valutiamo il contenuto del lavoro che è veramente positivo.

Agrigento, lì 27.1.2014

Gaspare Agnello