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Parole d’amore e di letteratura. A CURA DI SARAH ZAPPULLA MUSCARA’ E ENZO ZAPPULLA. SAGGI BOMPIANI.

Il 25 aprile 1901  Federico De Roberto scrive alla sua amante milanese Ernesta Valle che lui chiamava Renata perchè rinata con il suo amore:

Se Dio mi dà la vita, e se la fortuna mi assiste, io lascerò un documento dell’amore che ti porto. Quante volte ho pensato di scrivere un libro, sotto forma di lettere, una lunga serie di lettere dirette a te, nelle quali io direi tutto il mio nuovo pensiero, e tutta la mia passione: Lettere serie, dove ti parlerei delle cose ardue della filosofia, lettere gaie, piene di aneddoti: un libro dove dovrebbero stare tante cose, tante idee, teorie d’arte, dottrine sociali, pagine di psicologia, di morale, e insieme con tutte queste cose un’altra, sempre dominatrice, sovrana: il bene che ti voglio, la fede che ho in te, la violenza indomabile dell’amor mio, le lacrime di tenerezza che, come in questo momento che ti scrivo, la tua immagine e il tuo ricordo mi fanno spuntare sugli occhi. Questo libro verrà quando avrò il tempo di scrivere ciò che mi piace, quando cioè mi sarò liberato dall’obbligo di scrivere cose che mi disgustano”.

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In verità Federico De Roberto questo libro lo andava scrivendo assieme alla sua Ernesta Valle con il carteggio amoroso che va dal 30 maggio 1897 al 18.11.1903 e oltre fino al 1916 e che è composto da 764 pezzi (318 lettere di Federico e 401 di Ernesta o Renata come usava firmarsi, più alcuni biglietti e telegrammi).

“Che cosa fare delle lettere d’amore prima di morire?” Dice De Roberto, “come rassegnarsi a distruggere con le proprie mani quei documenti in cui è la prova che si è vissuto? Non sarebbe un morire presto?….”

Le lettere non sono state distrutte e De Roberto vive grazie alla nipote che le ha conservate e a Sarah Zappulla Muscarà e a Enzo Zappulla che le hanno riunite, le hanno catalogate, risistemate e pubblicate in un grosso volume che i lettori attenti potranno gustare.

La raccolta di queste lettere, questo documento amoroso d’altri tempi e forse di tutti i tempi diventa un romanzo, uno spaccato storico e letterario di fine ottocento e dei primi anni del novecento, una storia letteraria e artistica di quel tempo.

Nel libro sono presenti tutti i letterati del tempo tra cui primeggia Verga, tutti i giornalisti tra cui il direttore del Corriere della Sera Luigi Albertini, gli attori e le attrici tra cui la Duse.

In queste lettere c’è la nascita di tutta la produzione letteraria di De Roberto, il suo teatro e i suoi insuccessi, ci sono i gusti letterari di quell’epoca che preferisce la letteratura francese e quella russa.

De Roberto mandava tanti libri alla sua donna e da questo si evince cosa si leggeva: Zola, Daudet, Tolstoi, Dostoiewsky, Maupassant, Sand, Poe e tantissimi altri

Gli amanti delle belle lettere non possono fare a meno di leggere questo documento che affascina per la sua bellezza, per la sua potenza amorosa, per le notizie culturali in esso contenute.

Per dare un’idea di quello che rappresentano queste missive, ne pubblichiamo alcuni stralci:

Renata: Milano 25 Agosto 1897: Grazie, Grazie! Come mi sarà dolce di pregare dinanzi alla Madonna bella, che mi viene da te.

A Lei, la Buona, la Potente, chiederò una grazia sola: quella di chiamarmi a Sé, prima che io muoia nel tuo cuore.

Nessuno sciolga mai il caro aureo nodo d’amore che chiude illeggiadrendola la cornice già tanto bella, come nessuno e nulla scioglierà quello che tu mi hai stretto al cuore, ed a te ora e sempre tutta la mia tenerezza.

Ci perdoni Lei la Pura, ed in grazia Sua ci benedica Iddio.

Io benedico te, o amore, per avermi data la felicità!

FEDERICO:  Chiedi tutto alla nostra Madonnina: non le chiedere di vivere sempre nel mio cuore: questa è una cosa tanto naturale, così certa, così indiscutibile, che la nostra bella Madonnina sorriderebbe, udendoti chiederla come una grazia!

Anima mia, io sono tuo, tutto tuo, soltanto tuo, per sempre.

RENATA: 12 OTTOBRE 1897. Finalmente, finalmente m’hanno lasciata sola! Prendimi fra le tue braccia, Rico, baciami, stringimi, calmala questa febbre d’amore che mi brucia; è perché ti amo troppo che mi sono ammalata appena sei partito! E’ inutile Rico, senza di te non vivo, ci credi che ancora non riesco a farmi una ragione che mi valga a rendermi rassegnata?”

FEDERICO: 21 OTTOBRE 1897. Lo sapevo io che ci sarebbe stata…una tua lettera.

Ho letto la tua lettera per strada…Che lettera! Che lettera!  Perché non posso baciare le mani che l’hanno scritta?  Tu la vedi, tu la capisci questa cosa che pare impossibile, perché accade anche in te, perché anche tu mi dimostri di volermi sempre più bene!

E’ vero tu hai ragione, come sempre, quando dici CHE SI DUBITA DELLE COSE CHE CI STANNO TROPPO A CUORE,  che si teme di perderle, perché la vita è tanto triste, perché il destino è tanto avaro..

Ma io, Renata, io che dubito di tante cose….io ho una certezza, salda, incrollabile, superba: che l’amore tuo sarà la consolazione di tutta la mia vita, che assorbirà tutte quante le mie potenze affettive, tutta quanta la mia capacità di amare. Renata, Renata bella, Renata buona, ti stringo fra le braccia sino a soffocarti, ti sollevo di peso, incollo le labbra sulle tue labbra, ti bevo l’anima, la vita, ti bevo tutta quanta.

RENATA: 25 NOVEMBRE 1897.

A TE IL BACIO CHE MI FA IMPAZZIRE, a te tutti i miei baci, a te solo tutto l’amor mio. Non so più dirti “taci” non so più respingere le tue carezze, anche da lontano esse si posano davvero sulla mia carne, sento una fiamma salirmi al viso, passarmi per ogni vena, ancora mi scuoto e fremo vinta e beata!

FEDERICO: 1.FEBBRAIO 1898

Bella, bella, bella, Renata bella, Renata cara, Renata ardente, Fiamma mia, Sangue mio, come mi ami, come ti amo! Amante mia, Amata mia, tu mi fai morire! Voglio morire! Voglio che tu muoia con me! Quando tu mi dici cose come quelle che m’hai dette iersera, la tentazione di morire con te è troppo forte, è troppo dolce, è troppo voluttuosa, mi fa impazzire, mi fa tremare, mi acceca. Renata non mi dire che io rievochi immagini voluttuose, scottanti; io muoio, io muoio, io muoio: Io voglio il bacio che ti fa impazzire. Voglio la tua bocca, intendi? Tu non vuoi suggere la mia vita? A te il midollo delle mie ossa, fino all’ultima goccia. Dammi le tue mani bianche e rosee, ricercami tutto, fino alle sorgenti della vita. Sotto le tue mani, contro la tua bocca, nelle tue carni io voglio stemperarmi, sino alla morte.

Novara 21 luglio 1900.

Amore, amore, io non reggo a questo spasimo, piango, mi pare d’impazzire, oh Federico io ti voglio, ho bisogno di te, sei l’anima, la vita mia.

Vieni la tua Nuccia ti chiama, povera Nuccia che hanno separata dall’amor suo.

 

A cura di Gaspare Agnello