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Favara, il giorno 22 maggio ha celebrato i quattordici anni della morte del suo grande scrittore Antonio Russello con una giornata di manifestazioni che si sono aperte alle ore 9 con l’inaugurazione del monumento dedicato allo scrittore e con un convegno a cui hanno parteciperanno attivamente ben dieci licei della provincia di Agrigento e alcuni studenti dell’Università Kore di Enna, che hanno relazionato sulle opere  dello scrittore favarese.

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Nel pomeriggio una strada è stata intitolata allo scrittore e quindi è stato tenuto il convegno scientifico  “Antonio Russello scrittore europeo” con la partecipazione del Professore Ferlita dell’Università Kore di Enna e del figlio dello scrittore che è il Direttore del Corriere Veneto.

Le sue radici di Antonio Russello sono interamente piantate nella terra di Favara e infatti lui scrive di avere ambientato i suoi libri “ quasi sempre nello stesso paese”… “perché non credo che i manoscritti vengano trovati in un fondo di bottiglia, non credo che una vicenda possa essere indifferentemente posta in un paese come in un altro. C’è una fedeltà al di fuori della quale se l’autore si mette, rischia di essere orfano, rischia che la sua terra gli diventi matrigna. Noi ci portiamo appresso lembi di terra cielo e sangue di chi ci fece….ora io penso che si può essere fedeli a se stessi, solo quando l’ispirazione ci riporti sempre alla stessa terra…”

Questo scrive nel suo grande libro “La luna si mangia i morti” che completa la trilogia de “I Vicerè”, “I vecchi e i giovani” e “Il Gattopardo” e che Sciascia recensì con una bellissima nota pubblicata sul giornale “L’Ora”.

Favara come metafora del mondo, come la Racalmuto di Sciascia, come la Macondo di Marquez, l’Aleph da cui partire per aprirsi a nuovi orizzonti.

Scrive infatti nella sua autobiografia: “Quell’anno 1958 fu molto prolifico, con sei romanzi ispirati alla Sicilia, volevo uscire fuori dall’isola, avere ispirazione più ampia, con la fantasia cercavo di aprirmi verso l’Europa. Cercavo il modello di una forte individualità, l’incarnazione di una grande idealità e moralità e che fosse questo stesso un bisogno in me d’una espansione nell’universo”

Questa sua aspirazione si concretizza nel 1959 con la pubblicazione del libro “Storia di Giangiacomo e Giambattista” ora ripubblicato con il titolo l”L’isola innocente” che è stato finalista al Campiello ma che non trovò un editore importante.

Il suo amico Ezio Mercanti gli scrive:” Ho letto il tuo libro; e la lettura mi ha riempito gli occhi spesse volte di lacrime…La tua dote più bella nel romanzo è un’ingenuità favolosa che io spero tu possa sempre avere in te… con questa ingenuità mi hai riconciliato con la letteratura moderna”.

L’amico Ezio Mercanti, afferma Russello, trovava che dal deserto della Sicilia io mi aprivo verso spazi e cieli più ampi”.

Del resto lui “siciliano di nascita e veneto nel cuore”, essendo vissuto a Castelfranco Veneto dove è morto il 26.5.2001, si cimentò in due libri su Venezia che sono due veri gioielli che speriamo di presentare proprio a Venezia.

Il narratore Russello si caratterizza per una lingua che lui definisce “impervia”. “La nostra lingua, scrive, ci appartiene e al tempo stesso non ci appartiene. La rifacciamo continuamente nell’usarla”….”A 70 anni e oltre macinavo e uscivo sempre in nuovi stili e tematiche ch’io stesso n’ero stupito”.

E a seguito di questo travaglio Russello ha costruito una lingua intellettuale, graffiante, ironica, cruda magica, barocca, colloquiale, aspra musicale. Un linguaggio figurato, con la construtio ad sensum, i latinismi con il verbo messo alla fine della frase, le metafore, gli anacoluti, i pleonasmi, l’anafora o il cosiddetto uso della ripetizione o del raddoppiamento, l’ellissi del soggetto o del predicato.

“I pensieri, scrive Russello, si fanno con le parole messe al posto giusto e con la conoscenza della grammatica e della sintassi.

In vita Russello non fu capito ed ebbe la stessa sorte del suo Giambattista e infatti apre la sua autobiografia affermando “ Vicenda di un autore pervicacemente appartato, in urto con le leggi e i riti del mercato editoriale, e nondimeno ostinato nel continuare a trasferire il suo mondo in pagine scritte solo per la costituzione di un privato archivio memoriale”.

Spetta al mondo letterario italiano scoprire questo grande narratore del secondo novecento i cui libri ormai possono essere considerati classici della nostra letteratura.

Agrigento, lì 19.5.2015

www.gaspareagnello.it