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Viola Di Grado, autrice di “Cuore Cavo”, torna in libreria con il romanzo “Bambini di Ferro” edito dalla casa editrice La nave di Teseo.

Dobbiamo subito dire che il romanzo è veramente sconvolgente perché ci porta in un mondo avveniristico dove i sentimenti, gli affetti, le pulsazioni del cuore vengono programmati nei robot che si sostituiscono al mondo umano creandone un altro forse più perfetto ma anch’esso soggetto a corruzione per via dei virus o di movimenti ‘Anti’ o contrari.

Viola Di Grado ci conduce in una letteratura post-moderna che va oltre la realtà ma che annunzia mondi possibili.

Molto spesso la letteratura è andata oltre il possibile, verso l’impossibile che, a distanza di tempo, diventa realtà e, in un certo senso, già questo mondo impossibile, in alcuni campi, è già realtà.

La bambina Sumiko, rimasta orfana per la morte contemporanea dei genitori in un incidente stradale, viene condotta in una Istituto dove tutto è robotizzato.

Viene costruita una Unita Materna Sintetica formattata con i caratteri della madre per cui la bambina non dovrebbe sentire la mancanza dell’affetto materno.

Essa è affidata alle cura di Sada e di Yuki, anch’essa arrivata all’Istituto Gokuraku a seguito della morte della madre e affidata all’Unità Materna Sintetica.

Yuki è stata contaminata dal Movimento Anti Madri Artificiali (MAMA) ed è diventata un ‘Essandai’ che sono bimbi contaminati, con menti rovinate.

L’accudimento artificiale viene considerato superiore a quello della vera madre: “Nessuna madre poteva essere all’altezza dell’Unità Materna  Sintetica.

Il cervello umano è un dispositivo primitivo e fallimentare. I sei strati di neuroni della corteccia cerebrale sono collegati in modo ripetitivo, sprecano gran parte delle loro funzioni solo per crescere e non possono compiere più di cento operazioni di calcolo al secondo; un risultato ridicolo rispetto alle potenzialità di un computer…”

L’Unità Materna riesce a dare ai bambini l’affetto della madre mancante.

Sada incita Yuki ad abbracciare l’Unità Materna. “Avvicinati, su. Vai ad abbracciare tua madre. Yuki si avvicinò e la voce dell’Unità Materna le dice: Vieni qui piccola mia.

Yuki allungò la mano. Toccò il suo corpo dal collo in giù. La ghisa fredda le fece tremare le dita e il braccio. Perché non mi abbracci? Su. Sei il mio piccolo tesoro”.

E Yuki vide il sorriso fisso di sua madre, gli occhi socchiusi, i riccioli di metallo; il neon sul soffitto, la grande mano aperta, protesa verso di lei.

Il romanzo è ambientato nel Giappone tecnologico e nell’India di Budda per cui si incontrano due mondi diversi ma complementari.

Budda annuncia che  “tra qualche anno diffonderà tra i vivi l’informazione importante che esiste un paradiso di nome TERRA PURA, è la sua vera casa, piena di alberi ingioiellati, ed è lì che sbarcheranno i morti svuotati dai desideri. In seguito diffonderà l’informazione importante che non esiste nessuna Terra Pura.”

E ancora annuncia che “La TERRA PURA è come la mia pelle. Tutto emanerà una luce dorata. Sarà piena di persone come te, di tutte le età e le tipologie, e ci saranno anche esseri allo stato embrionale, che fluttueranno nell’aria insieme agli altri. Tutti potranno abitare con me nella TERRA PURA. La vedi questa luce, Ananda? Arriva fino alle montagne Adamantine e il Monte Sumero. Arriva dappertutto. Ci sarà un cambiamento cosmico e tutte le cose saranno immerse in questa luce, e l’occhio vedrà solo la luce, la luce della mia mente”.

Questi brevi accenni certamente daranno l’idea di un libro che ci porta a una società futura possibile, terribilmente possibile.

Potremmo forse realizzare la Repubblica di Platone che vuole che i bambini siano sottratti alle famiglie e cresciuti a cura dello Stato.

Con la nuova tecnologia questa Repubblica si potrà realizzare e le Unità Materne Sintetiche potranno essere CONFIGURATE secondo le esigenze di ognuno per creare cittadini modello.

L’ACCUDIMENTO sarà programmato e vivremo in un mondo robotizzato.

Viola Di Grado con questo suo libro, che si deve leggere con attenzione, ci proietta nel futuro e ci lascia una grande angoscia.

Agrigento, lì 24.8.2016

Gaspare Agnello