Di zolfo e di spada. Conversazioni con Vincenzo Consolo intorno a Leonardo Sciascia
Salvatore Picone è un giornalista cresciuto con il giornalino di Racalmuto “Malgrado Tutto” che tanto piaceva a Sciascia e anche a Bufalino e Consolo che vi hanno scritto.
Nel 2007 ha pubblicato un prezioso volumetto intitolato “Tra i banchi di Regalpetra” ‘Leonardo Sciascia e la sua scuola’ e questo in occasione del ritrovamento dei preziosi registri di Sciascia alunno e della inaugurazione dell’aula dedicata a Sciascia.
Ora, nel trentennale della morte dello scrittore di Racalmuto, dà alle stampe, con la casa editrice di Caltanissetta di Salvatore Sciascia, un altro prezioso libro “Di zolfo e di spada” ‘Conversazioni con Vincenzo Consolo intorno a Leonardo Sciascia’.
Il libro contiene alcune interviste che Consolo ha rilasciato a Picone dopo la morte di Leonardo Sciascia.
Consolo continuò a frequentare Grotte e Racalmuto perché divenne presidente del premio letterario Racalmare dopo Sciascia, Bufalino e Maria Andronico.
Oltre alle interviste nel libro c’è una nota dell’autore e le prefazioni di Gaetano Savatteri e di Salvatore Ferlita.
Le due prefazioni, e in special modo quella lunga e dettagliata di Ferlita, meriterebbero un discorso a parte perché parlano della amicizia di Consolo con Sciascia, nata nel 1963 e della letteratura di Vincenzo Consolo e soprattutto della sua prosa della quale Ferlita dice: “Lo stile di Consolo si impone per novità e tensione sperimentale. Si tratta di una prosa nominale, basata in larga misura sulla paratassi, che ha fatto sue le intemperanze di Pasolini e gli eccessi di Gadda, senza però ignorare le radici linguistiche isolane”.
Consolo stesso dice a Picone: “ Io appartengo a una generazione successiva (a quella di Sciascia, Calvino, Moravia, Morante), in cui queste speranze di costruire una nuova società più armonica e più giusta erano cadute e quindi non avrei mai potuto adottare quella lingua limpida adottata dai miei predecessori, una lingua di facile comunicazione, referenziale. Per cui mi inquadrai subito nella linea della sperimentazione o della espressività o dell’espressionismo che però aveva la sua matrice più lontana, nella sperimentazione stilistica o linguistica di Giovanni Verga.
Attraverso le interviste pubblicate da Picone scopriamo tutto Consolo, il dramma della sua emigrazione: “Nel momento in cui io sono diventato adulto qui, in questa terra sequestrata da un potere politico-mafioso, non c’erano più spazio per persone come me. E quindi sono stato costretto ad andare via e a creare il mio destino e la mia strada altrove”. Ma lo scrittore siciliano rimane avvinghiato sempre alla sua terra.
“Non so allontanarmi dalla Sicilia e credo che per uno scrittore siciliano allontanarsi dal luogo della propria memoria sia pressoché impossibile.
Consolo, nelle risposte date a Picone, parla delle contaminazioni magrebine della nostra cultura e della emigrazione siciliana nel Magreb e infine ritorna al pessimismo del suo ultimo libro “Lo Spasimo”: “Questo è un paese – ahimè – che è rimasto eternamente immaturo, eternamente ignorante…Oggi stiamo vivendo un momento di fascismo bello e buono come quello che abbiamo lasciato alle spalle e che tanto sangue e tanto dolore ha portato al nostro Paese”.
Tra l’altro, dice Consolo, ci mancano le “voci della coscienza civile italiana. Con la scomparsa di Pasolini, con la scomparsa di Sciascia e anche di Moravia, ci sono mancate queste voci civili…I nostri opinion leader, come si dice con termini americani, quelli che fanno opinioni oggi sono i divi televisivi, i cantanti, i comici”.
Consolo, scrive Cesare Segre, è un siciliano che è fuggito dalla Sicilia incessantemente facendovi ritorno, è stato davvero l’ultimo scrittore intellettuale.
E grazie a questi suoi ritorni in Sicilia sono state possibili le interviste di Picone che ci fanno meglio conoscere il rapporto tra Sciascia e Consolo e la bellezza della scrittura di Consolo la cui prosa tende alla poesia.
Agrigento lì 30.5.2019
Gaspare Agnello