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Una mattina il vulcano Stromboli si sveglia e si mette a eruttare lava creando scompiglio tra la popolazione dell’isola.

Peppuccio Tornatore, in un determinato momento della sua vita, fa un film, “Nuovo cinema paradiso”, e crea un evento culturale di dimensioni universali, che commuove Sciascia, in fin di vita.

A circa quaranta anni un giovane amante della musica e con qualche problema nella dizione (e che vuole mantenere l’anonimato), scrive “Il fantasma della luna”, oggi pubblicato da Armando Siciliano, e crea un caso letterario di grande spessore che sorprende noi e lo stesso editore e che certamente sorprenderà la critica militante.

Evidentemente tutto questo non avviene per caso: lo Stromboli avrà covato la sua rabbia eruttiva per tantissimo tempo fino a esplodere, Tornatore è stato una vita a pensare il suo mondo cinematografico della sua infanzia fino a fissarlo in una pellicola indimenticabile, così il nostro Autore, che non si può esprimere correttamente con la parola parlata, è esploso con la scrittura scrivendo un romanzo che ha ruminato a lungo e che ha sorpreso lui stesso che va ripetendo: “Da dove mi è venuto questo libro?”.

“Minchia, l’ho pensato e ripensato e, capitolo dopo capitolo, l’ho costruito con tutta la forza della mia formazione culturale e umana  per descrivere un caso intrigante, ma soprattutto per parlare del nostro tempo con tutte le sue problematiche e le sue speranze”.

Noi, quando abbiamo avuto tra le mani lo scritto, siamo stati infastiditi perché di scritti ce ne arrivano a decine, ma quando abbiamo cominciato a leggerlo siamo rimasti conquistati soprattutto dalla bella scrittura, dalla grande ironia, dalle descrizioni fantastiche di paesaggi, di situazioni e dalla trama intrigante e piena di metafore sul senso o non senso della vita.

La vicenda si svolge tra la Sicilia, l’America e le Fiandre con la meravigliosa Bruges, la Venezia del Nord.

La Sicilia del nostro Autore è rappresentata da un paesino spopolato per via della emigrazione  che sta lasciando la nostra terra orfana dei propri figli, costretti ad andare in tutti i luoghi della terra per trovare lavoro.

Qui la narrazione assume connotati sociologici di grande attualità, perché oggi si parla di immigrazione e non si parla dell’emigrazione dei giovani del sud che sta affondando definitivamente il meridione.

Il paese si popola solo nel periodo estivo quando c’è il ritorno per le vacanze e in questo periodo si rievocano i ricordi del passato.

Come Sciascia, il nostro Autore, sostiene che l’uomo si forma nei primi dieci anni della sua vita e il passato ritorna sempre come un fantasma: “ Un uomo può incontrare mille fantasmi nella sua vita, ma il vero fantasma delle nostre esistenze sarà solo uno: il nostro passato”.

E mentre si scava nel passato si passa in rassegna il nostro mondo: la prima guerra mondiale, la seconda e la terza di cui parla Papa Francesco.

Viene fuori il nazismo con la notte dei cristalli, la shoah, la mafia, ricordi degli anni cinquanta.

L’autore dimostra un’ottima conoscenza del mondo della fotografia e sulle fotografie e sulle macchine leica si intreccia tutta la vicenda del romanzo che ha un ordito accattivante che deve essere seguito dal lettore con molta attenzione sew ne vuole venire a capo.

Il romanzo non vuole essere un giallo ma alla fine ne assume i connotati. Però dobbiamo dire che, come nei libri di Sciascia, la storia, anche se qui è molto bella, è un pretesto per fare tante riflessioni.

Tante sono le divagazioni che portano ai Kennedy, a Marilyn Monroe, allo sbarco, vero o finto, sulla luna ma soprattutto è veramente bello il capitolo dedicato al cane Orazio.

E a proposito del cane Orazio dobbiamo dire che in ogni libro si trova una parte della vita dell’autore perché questo è il suo cane.

Nello stesso libro troviamo il motivo per cui non c’è il nome dell’Autore. Ecco cosa scrive: “Dunque moltissime persone conobbero la scrittura di Winnie, ma non lo seppero mai. Era riuscito nel suo intento, cioè rimanere lo sconosciuto di sempre, perché tutti coloro che lessero quel romanzo ancora oggi  sono convinti che lo scrisse l’amico Agnes.

Del resto, il ruolo dell’anonimo riusciva sempre bene a Winnie, aveva fatto ruotare il suo mondo su questo principio. ‘Il successo ti porta molti impegni e responsabilità, io voglio passare il resto della mia vita tranquillo’…Aveva le sue convinzioni al riguardo, da sempre conosceva gli effetti collaterali e le pesanti controindicazioni a cui il successo portava inevitabilmente. E poi per sua natura non gli piaceva stare sulla bocca della gente, la sua ombra gli poteva bastare, e nei giorni di luna piena nemmeno quella andava a cercare. Così si riteneva fortunato perché il successo non lo aveva baciato”.

Il nostro sa anche che “ i libri degli sconosciuti come me saranno scritti sempre con penne senza inchiostro” E fa dire a un suo personaggio: “ Era incredibile come uno che non sapesse scrivere ti prendesse con una profondità tre volte di più di gente che tecnicamente era impeccabile”

E “Il fantasma della luna” prende il lettore totalmente per le sue qualità letterarie e per il grande realismo. Abbiamo parlato dell’ironia che si trova nel libro. Vediamo alcuni passi: “Scusi la mia domanda, signora,  ma lei non è che per caso fa la modella?, le chiese il tassista, approfittando dell’ingorgo allo svincolo di Piazza Politeama.

‘No, lavoro per un’agenzia funebre, se vuole le posso lasciare il mio biglietto da visita, magari le potrò essere utile. Nella vita non si sa mai’”.  E ancora. Un personaggio si rivolge a un’amica dicendole: “Ho saputo che il paparino è appena ritornato dall’America, qualcuno mi ha detto che hai avuto un figlio, qualcun altro mi ha assicurato ch’io proprio non gli somiglio”.

Un’altra battuta tipica del parlare dei giovani: “Ora Bruges sarà ai tuoi piedi, Eugè, gli disse quella sera Riky , con gli occhi immersi in quel panorama, quando si affacciò dall’appartamento deliziosamente arredato. Per fortuna che me li sono lavati sempre, rispose lui, con la sua solita ironia alla Woody Allen…”

Due amici arrivano al ristorante e il proprietario del locale chiede: “ Devo aggiungere qualche altro coperto o siete solo voi due…Stiamo aspettando un autobus con dieci ballerine brasiliane, porta  una quindicina di sedie in più…Va bene ti manderò direttamente dieci letti”.

Una cosa ancora che ci ha colpito è il concetto del relativismo della nostra vita.

Una coppia si salva dal disastro delle torri gemelle perché la moglie non è potuta uscire di casa per via di un colpo di acidità che poi non era acidità ma gravidanza; per cui la figlia nata dopo l’acidità è stata chiamata Am…Erica: “Chissà, dice l’autore, se siamo tutti come lei figli della coincidenza”.

E in un altro brano scrive: “l’amore è fatto di coincidenze”.

E noi a rafforzare questi  concetti diciamo che veramente siamo tutti figli di tante coincidenze. Siamo nati perché in una determinata giornata e in una determinata ora i nostri genitori hanno deciso di fare l’amore, e perché uno spermatozoo ha puntato su un ovulo invece che verso un altro  e così via. Tutto insomma è relativo.

A questo punto vorremmo parlare della notte dei cristalli e quindi della fredda Norimberga, dei campi di concentramento, dei paesi svuotati del sud, delle descrizioni delle bellezze della Sicilia ma tutto questo lo lasceremo scoprire al lettore che proverà certamente piacere a viaggiare nella terra pirandelliana di Pirandello a cui il nostro autore fa riferimento quando fa dire a Marialy: “ Ti regalerò qualche libro di Pirandello per il prossimo tuo imminente compleanno, Ricky”.

E ora per farvi gustare la bellezza delle descrizioni dei luoghi e la prosa poetica voglio leggere alcuni brani del libro. Eccovi il primo brano in cui si parla dei paesi svuotati del sud:

“La vecchia trattoria si trovava aldilà del fiume. Stava lì, come mancate parole di una poesia scritta su un foglio stropicciato. Il paese in cui si trovava sembrava una spenta stella aldilà del sole, aldilà del vento, come chiuso dentro un sogno mai finito, silenzioso, addormentato come un granello di sabbia. I tanti dolori accumulati prendevano per mano tutti i passati dissapori di quella terra, camminando assieme fianco a fianco sui marciapiedi costruiti con pietre di rancore e con quel cemento impastato con tanta rabbia.

Sempre più popolato dalla solitudine, il piccolo borgo si andava perdendo in quella malinconia, giorno dopo giorno, visto che tutta la gente che andava via da lì non vi avrebbe fatto più ritorno. Volavano via sulle ali del proprio destino, su incerte speranze, per le strade di un mondo sempre più in declino, percorrendo con i piedi sempre più  stanchi le vie indicate dal loro cuore, consapevoli, con nostalgico dolore, di non poter tornare nella loro terra”.

Ed ora un altro brano che diventa quasi poesia:

“In fondo, il bar di Eugenio era sempre stato quasi la loro seconda casa, con i suoi tavoli sempre immersi nei tramonti, in particolari in quei tardi pomeriggi di fine luglio. Infatti, in quelle occasioni sembrava che qualcuno avesse spremuto una grande quantità di arance siciliane e avesse dipinto il cielo, prima che uno spicchio di luna si affacciasse silenziosamente aldilà della Francia, sempre rincorsa da quelle ridanciane stelle che di giorno sembravano nascoste dietro il sole.

Dalla grande quercia vicino a uno dei tavoli, in alcuni istanti filtrava, attraverso i suoi antichi rami, un leggero soffio di vento, quasi autunnale, e le foglie si muovevano leggermente armoniose, quasi contente del pochissimo refrigerio che quell’invisibile ingannevole belga ponentino portava. Quel vento era come un fantasma che camminava invisibile per la città. Il vento lo senti passare, ti soffia leggermente sul viso alcune volte scompigliandoti i capelli e trascinando i tuoi sogni. Spira sui tuoi giorni ma non può illuminare le tue notti.

Nessuno ha visto mai che faccia abbia. Non ha un volto il vento, non ha una carta d’identità e il suo esistere è solo questione di un momento che magari domani si ripeterà.

E’ solo un fantasma, non si sa da dove viene né dove se ne andrà. Forse attraverserà l’oceano disperdendo la sua forza tra le onde, forse sarà uno spettro fra le ali di un gabbiano e ritornerà a casa quando arriverà l’aurora, ma nessuno saprà mai dov’è la sua dimora”.

Questo è il libro poetico  “Il fantasma della luna” di cui qualcuno vorrebbe conoscere la trama: C’è un morto ammazzato, c’è una donna assassina, non c’è un commissario che indaga, ma situazioni che sembrano irreali e che sono più reali della realtà con personaggi come noi che parlano come noi.

Un libro dei nostri tempi che parla del nostro tempo, della nostra società.

Un libro vero, reale, vivo.

Agrigento, lì 5.1.2020

Gaspare Agnello