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NAPOLITANO E SCIASCIA
Il 20 novembre del 2009 ricorre il ventesimo anniversario della morte di Leonardo Sciascia, lo Scrittore di Racalmuto di tenace concetto che, con la sua vita e le sue opere letterarie, ma anche con i suoi articoli sui giornali, caratterizzò gli ultimi cinquanta anni del XX secolo.

Ad aprire le celebrazioni di questo anniversario è la massima carica dello Stato Italiano, Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica, che viene a Racalmuto a visitare la Fondazione Sciascia e la tomba dello Scrittore.

Perché Napolitano e con Lui l’Italia vuole ricordare questo personaggio scomodo, questo Scrittore che molto spesso impugnava la penna come una spada per dare fendenti a destra e a manca, contro la corruzione, il malcostume e certo tipo di potere?

Certamente saranno valse le sollecitazione dell’Ex Sindaco di Racalmuto Gigi Restivo che nel maggio del 2007 si è recato personalmente al Quirinale per invitare Napolitano a visitare Racalmuto, l’Atene della Sicilia, saranno valse le sollecitazioni del tenace Sindaco Petrotto che ha rinnovato l’invito, sarà un certa amicizia nata all’interno del Parlamento dove Sciascia sedette dal 1979 al 1983, eletto, da indipendente, nelle liste dei radicali. Sciascia ebbe un rapporto di odio e amore con i comunisti: fu eletto consigliere comunale a Palermo nelle liste del PCI, come indipendente, nel 1970 ma si dimise dopo due anni perché ritenne inutile la sua presenza nella sala delle Lapidi e perché capì anticipatamente che stava per morire “il sogno” comunista. Ma mantenne buoni rapporti con i miglioristi quali Macaluso e Napolitano tant’è che la famiglia Sciascia pare sia in possesso del carteggio Sciascia-Napolitano che speriamo di potere al più presto conoscere per saperne di più. Ottimi rapporti mantenne con Macaluso e Napolitano anche quando Sciascia ruppe con Berlinguer e molti comunisti gli tolsero il saluto, cosa che lo ferì moltissimo.

Ma noi siamo convinti che altre ragioni ben più profonde avranno spinto il Capo dello Stato a fare un fine settimana proprio a Racalmuto dove, tra l’altro è bello andare perché si possono visitare cose eccezionali che producono profonde emozioni quali la Fandazione Sciascia, il Teatro con gli abiti di scena del Tenore Puma, le tele di Pietro D’Asaro il Monocolus Racalmutensis, il Castello chiaramontano, le Chiese superbe quali quelle di Maria del Monte e della Matrice, la fontana dei nove cannoli, la statua di Sciascia e assaggiare i profumati e morbidi taralli che danno forza erotica al “cane di pio”, di cui parla lo stesso Sciascia. La visita a Racalmuto ha certamente un grande significazione politica, è un monito per tutti i governanti e i politici, per il paese intero, un richiamo alla ragione e ai valori fondanti della nostra costituzione repubblicana nata dalla lotta partigiana, un impegno sempre maggiore contro le mafie di tutti i generi che ammorbano il nostro paese, la nostra economia, la nostra stessa democrazia.

“Grave è il nostro tempo, assai grave” dice Sciascia in Candido, si notano “cenni di intolleranza e di xenofobia” dice Napolitano a proposito delle cose che avvengono in Italia e la intolleranza non è tanta quella che proviene dalle forze politiche ma è quella che si respira nel paese che chiede il pugno forte che molto spesso sconfina nella illegalità e nella violazione del diritto internazionale.

“Il potere, dice Sciascia nel “Contesto”, che sempre più degrada nella impenetrabile forma di una concatenazione che approssimativamente diventa mafiosa:”

E poi ne “Il Cavaliere e la Morte” “LA SICUREZZA DEL POTERE SI FONDA SULLA INSICUREZZA DEI CITTADINI”.

Napolitano certamente è preoccupato di una certa deriva delle nostre istituzioni, della crisi economica che colpisce sempre più i ceti deboli e dallo affievolimento del concetto di democrazia: “ Il popolo, la democrazia, scrive Sciascia ne “Il giorno della Civetta”, sono belle invenzioni: cose inventate a tavolino, da gente che sa mettere una parola in culo all’altra e tutte le parole in culo all’umanità”.

E oggi questi concetti sciasciani, che sembrano antichi, tornano nella mente della gente che nota con rammarico come si riesce a spostare l’attenzione politica su falsi problemi e si accantonano quelli reali.

Oggi le forze politiche si pongono il problema di una questione settentrionale e si cancella dall’agenda della politica la questione meridionale che è la vera questione del paese perché la rinascita del mezzogiorno può trainare il paese fuori dalla crisi e porlo al centro del mediterraneo che ancora una volta diventa centrale nella competizione mondiale.

Il mezzogiorno deluso e ingannato non è più problema, è dimenticato, accantonato; serbatoio di voti:

“Una volta,scrive Sciascia ne “Le parrocchie di Regalpetra”, al circolo dei minatori venne un deputato Nazionale, ascoltò i salinari, raccontavano miseria e l’onorevole chiudeva gli occhi come in preda a indicibile sofferenza, infine diede un calcio al tavolo, dicendo che PERDIO BISOGNA FAR QUALCOSA: dal tavolo cadde la lampada e andò a pezzi, l’onorevole promise grandi cose, ai minatori toccò comprare una lampada nuova.”

Tuttora i politici e i governanti chiudono gli occhi sul problema del mezzogiorno ma la realtà è che tutti i nostri giovani sono emigranti. Se vuoi diventare qualcuno devi andare fuori, dice Antonio Russello.” Cu nesci arrinesci”. Tutti vanno fuori e i nostri paesi sono diventati ghetti di pensionati. Ed è per questo che il Presidente della Provincia regionale di Agrigento Eugenio D’Orsi grida costantemente contro l’abbandono delle nostre contrade dove non esistono autostrade, aeroporti, strade ferrate degne di questo nome e dove non si dispongono neanche i fondi per mettere in sicurezza le scuole e per rendere più agibili le strade provinciali

Questa è la drammatica verità in cui viviamo, che D’Orsi grida costantemente.

“Non che la verità non sia bella: ma a volte fa tanto di quel danno, dice ancora Sciascia in Candido, che il tacerla non è colpa ma merito”.

E i nostri rappresentanti nelle istituzioni politiche “tacciono” una verità inconfutabile e inoppugnabile e così si rendono meritevoli di riconferme.

Il Presidente Napolitano è un uomo del Sud, un padre della Patria, uno che ha contribuito a fondare la nostra Repubblica democratica “FONDATA SUL LAVORO” e queste cose non le dimentica certamente e appunto per questo soffre e si batte perché si cambi registro e si ritorni a parlare dei problemi reali del paese, di quelli che soffrono, dei disoccupati, dei precari.

E per ritornare ai valori antichi e veri del paese Napolitano viene a meditare sulla tomba di Sciascia a cui Bufalino diceva: “ voglio dirti una cosa, Leonardo. Io invidio la tua forza civile, il tuo impegno sociale, la tua capacità di servirti della parola scritta per persuadere o dissuadere.”

Viene a visitare l’illuminista, il volterriano, il quale Voltaire diceva: si teorizza la difesa delle proprie cose non con muri, catenacci, chiavistelli e guardie armate, ma, al contrario lasciando le porte aperte.”

In un momento di grave intolleranza viene a sentire l’uomo della tolleranza, l’eretico che, con Fra Diego La Matina, giustiziato sul rogo dell’Inquisizione, “afferma la dignità e l’onore dell’uomo, la forza del pensiero, la tenacia della volontà, la vittoria della libertà”.

Grazie Presidente “ Ce ne ricorderemo, di questo gesto di signorilità e di grande valore politico.”

Agrigento,lì 18.4.2009 gaspareagnello@virgilio.it