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Evelina Maffey, con il suo libro “Ballata della nave fantasma nel mare di Sicilia”, con i suoi versi e le sue tematiche, apre nel lettore una colata immensa di sentimenti e di riflessioni come un vulcano in ebollizione che tutto travolge e sconvolge e non dà tregua alla riflessione.

Devo dire che, l’incarico datomi di scrivere la prefazione a questi versi, mi ha letteralmente sconvolto perché ho incontrato una vera poetessa come poche ce ne sono. Oggi il mondo pullula di poeti e i libri di poesia sono infiniti. Questo, a mio avviso, è un fatto altamente positivo, perché ognuno ha l’esigenza di esprimere i propri sentimenti, le proprie gioie, i propri dolori e quindi di comunicarli al mondo. Ma mentre l’autore trova un suo sfogo, non sempre riesce a comunicare perché è difficile e per comunicare bisogna essere “poeti”, bisogna conoscere le tecniche poetiche, bisogna avere cultura, bisogna avere un corpo “desquamato” capace di percepire il rumore del mondo, i sentimenti degli uomini tutti.

Evelina Maffey è una poetessa, una donna di grande cultura, affascinata dalla grandezza della mitologia che tutto racchiude e tutto spiega, dalla grande cultura italiana che fa capolino in tutta la sua arte, una donna che fa della sua sofferenza personale, il dolore del mondo.

Del resto le radici della Maffey sono varie, provenendo da Trieste e da Roma dove è nata ed essendosi poi immersa appieno nel mondo greco dove i satiri danzano nelle profondità del mare e le caverne marine, come l’utero materno, sono luoghi d’amore mitologico che dà e toglie la vita.

Quindi donna di frontiera, con un entroterra culturale eccezionale e con un padre che, anch’egli, scrive.

Una poetessa che sa trasmettere dunque, che sa usare le parole e a tal proposito possiamo dire le stesse cose che ha detto Rita Cedrini nella sua prefazione al bellissimo e sensuale libro della stessa Maffey “La grotta azzurra e il satiro Danzante” pubblicato da Firenze Libri.

Scrive la Cedrini: “La poetessa lascia che le parole si facciano onde tumultuose che si adagiano sulla riva dopo avere attraversato mari in tempesta.”…. “Le parole si piegano come spighe di grano al volubile gioco che l’amore guida.”…

… “Un ‘poema poetico’ quello della Maffey, impegnato e impegnativo e proprio per questo da assaporare, verso dopo verso, per scorgere la sapiente capacità di fare, delle parole, attimi irrepetibili di liriche emozioni…”

L’autrice, con l’immagine della copertina, ha voluto preannunziarci le tematiche delle sue liriche: la fuga della sacra famiglia che rappresenta il triste dramma dell’emigrazione, “l’erranza”, la strada della vita illuminata dal fioco lume del carrettiere, il carretto istoriato con i cavalieri della tavola rotonda.

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Angelica, Orlando, Bradamante, Ruggero sono i quattro titoli che dividono l’opera poetica: Angelica rappresenta la giovinezza, la bellezza, la donna; Orlando oltre alla giovinezza rappresenta la spensieratezza; Bradamante la madre e Ruggero L’uomo maturo che pensa.

In questa raccolta di poesie c’è amore e morte avvolti sempre dal “fato” ovvero dal “destino”, la sensualità, la carnalità del corpo, l’effimero, la bellezza, la donna giovane, bella, sensuale, santa e demone, i sogni che si infrangono sotto un ponte di Parigi, l’apatia del mondo verso il dolore e la sofferenza che porta a disastri terribili e la grandezza della ribellione per dichiarare i propri diritti. Ci sono i sentimenti intimi, le emozioni, i drammi reconditi, le passioni dei vari personaggi e forse anche della stessa autrice che ha voluto sottolineare questi momenti scrivendoli, nel testo, in corsivo in modo da evidenziarli e renderli più visibili al lettore.

In maniera molto poetica ma drammatica in questa silloge affiorano tutti i disastri del XX secolo, il secolo “breve” come viene chiamato, il secolo “nero” come mi piace chiamarlo: le guerre, i condannati a morte, le persecuzioni razziali, lo sterminio degli ebrei, i campi di concentramento, l’emigrazione, l’emarginazione, la droga, le giovani avviate alla prostituzione. Ogni poesia è un’opera a se stante, ma c’è un filo comune che le lega e tutte assieme formano un racconto unico e terribile della nostra storia recente che è storia di guerre e di tirannie.

In questo clima di sfascio l’unica salvezza sono i figli che fanno da staffetta e, nel bene e nel male, continuano la vita che è un teatro dei burattini:

“Il teatro dei burattini si animava

Tra risate, scherzi e burle

Tra passato e presente

Tra sogno e realtà

L’ironia e il dramma della vita…”

Come il dramma di Marylin:

“I tuoi riccioli biondi e screziati

La tua bocca rossa e sensuale

Da bambola distratta e sognante…

…Fili di telefono rosa

In uno stereotipato sorriso

Tra marionette di uomini

In un teatro dove la vita

Si recitava alla noia e al perbenismo.

…e la Morte che sfumava il tuo volto..

…E volevi cambiare il mondo

E il tuo destino senza sapere

Che egli ti avrebbe schiacciata

Con dolore.”

E come Marylin, Diana, Rosa d’Inghilterra che, in un finale da tragedia greca, trasforma in polvere i sogni, la felicità, le gioie e la tristezza; ritorna qui prepotente il ritornello amore e morte, la morte che domina nella risiera di San Saba dove si estingue una “umanità ferita dall’apatia”, o nelle celle dei condannati a morte, o nel mare che inghiotte la nave Friendship con 283 clandestini, figli di un Dio minore:

“Lo sconosciuto, l’atteso,

L’invisibile, il manifesto

L’ignoto ci avvolse nella braccia dell’oscurità

Tra schiume di cavalloni alti e minacciosi

E bocche di fuoco e turbine di vento.

L’inferno ci risucchia inghiottiti nelle acque gelide

Mentre ci aggrappavamo alla vita

I nostri corpi affondavano nella conca oscura.”

Eppure dice la poetessa:

“Non siamo, forse,tutti uguali, figli di uno stesso Dio

O sei forse figlio di un Dio minore?

Chi mai potrà dire che tu sei diverso da me?

Non ridi e non scherzi e non piangi pure tu?

Non siamo forse tutti uguali sotto uno stesso cielo?”

Caino è tornato in questo mondo e allora “bisogna ribellarsi”, “infrangere la legge dichiarando i propri diritti”, “rischiare per un diritto, per un ideale”, “non si può incatenare la rivoluzione”,

“Con la resistenza non si muore

invano. Le fiamme incendiano

il corpo crivellato di colpi

L’incendio purifica

La lotta continua, senz’armi.

La lotta continua”

fratello Martin Luter King.

Come si vede da questi versi la Maffey non è remissiva anzi. Incita alla lotta e ha speranza per coloro che si scambiano della libertà delle idee anche se l’umanità non accetta la diversità e si vive nell’incomprensione come Sisifo che è costretto a sopportare una fatica inutile e ripetitiva.

Ma bisogna sperare che un giorno gli uomini poseranno le armi della follia e la Merini, uscita dal manicomio, potrà essere poetessa delle sue folli idee e del suo modo di vivere. Alda esce dalla sua bara come Iside, risuscita il marito Osiride che era stato ucciso e fatto a pezzi, si accoppia con lui risorto e fa nascere un figlio che è la resurrezione dei cristiani, ovvero la continuità della vita. Chissà che Osiride non possa essere la “poesia” che, con i suoi versi, eterna la vita!

Questo riferimento della nostra poetessa a Iside mi ha profondamente turbato ma mi ha dato tanta speranza.

Certamente nei versi si ritrova sempre l’autore con la sua vita, i suoi drammi, le sue incomprensioni, ma la Maffey ha saputo dare un respiro universale alle sue tematiche e ai suoi sentimenti e la sua poesia è universale ed eterna.

Io che sono un modesto artigiano della critica letteraria, mi sono accostato al testo della Maffey con tanta riverenza perché avevo letto altri versi di grandissima levatura nel citato libro “La grotta azzurra e il satiro danzante” e nell’altro “Al largo di Orione” e mi aspettavo versi eterni: non sono stato deluso.

I libri della Maffey purtroppo non possono arrivare lontano per il fatto che vengono pubblicati da editori che non hanno una grande distribuzione ma, come scrisse Antonio Russello, “Le grandi opere si perdono, sì ma il cielo le salva e le fa arrivare in porto” e le poesie di Evelina attraverseranno il tempo e troveranno il giusto riconoscimento del mondo letterario e di quanti amano la pregnanza e la musicalità del verso che riesce sempre a riscattare il mondo e le coscienze:

“Accendi le epifanie

Col fiammifero dei versi

E chiocciano le pietre

Si espandono e si contraggono

Bevono il tè del deserto

E la tua voce argentina

Scava tra le colonne dei templi

Nella sua sfrontata gestualità.

Col tuo permesso

Ho acceso il fuoco

È stato il linguaggio

Del fumo a dirmelo.

Sei già in the road

Senza saperlo.”

Ed infine dice Evelina Maffey:

“Perdermi nelle nuvole senza respiro

Gli occhi dentro l’infinito

Mentre tutto mi rotea attorno.”

Agrigento,lì 26.12.2009

Gaspare Agnello