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Il libro per camminare ha bisogno di amici. Uno dei più grandi amici dei libri in Sicilia si chiama Gaspare Agnello, di settantotto anni, con un naso importante, piccolo di statura e con le guance rosse se si emoziona. Amico di Sciascia, entrava a casa sua senza essere annunciato. E pure un uomo che faceva ridere Sciascia che di solito rideva poco.

Gaspare Agnello, il critico letterario che ama definirsi «divulgatore»

Gaspare Agnello infatti fa le cose con serietà ma con allegria. Chi è serio di solito è preso dall’importanza del suo gesto, dalla gravità e sorride poco. Invece lui ride di sé e del mondo e dice quello che pensa. Per questo forse è a margine della critica letteraria ufficiale e scrive dove può e dirige una trasmissione sui libri per una televisione privata di Agrigento.

Lì lui vive, in una casa circondata di ulivi e lì passa il tempo a leggere, a capire, a immaginare incontri, a cercare di fare resuscitare scrittori dimenticati.

Lui gli scrittori li frequenta o li ha frequentati davvero. Quasi tutti i critici letterari lavorano solo sul testo già pubblicato e preferiscono gli scrittori morti. Lui invece li conosce o li ha conosciuti tutti gli scrittori di cui parla, va a prendersi con loro un gelato sul lungomare dove andava Pirandello, li interroga come un detective, li prende in giro.

E’ pieno di conoscenze sottili, come chi osserva ogni dettaglio ma fa finta di essere distratto. E’ litigioso, polemico, mai servile. Ha sempre una borsa di pelle con le sue carte sempre dietro.

Lui di se stesso dice che non è un critico ma un divulgatore e che leggere lo fa vivere meglio.

Gaspare Agnello non è un agnello, niente affatto, a me dice che i protagonisti dei miei romanzi non fanno mai l’amore perché la letteratura siciliana è sessuofoba.
A Camilleri dice che ha «la linguazza longa» perché trasforma in un suo romanzo Sciascia, Bufalino e Consolo in tre pompieri.
Si arrabbia con la vedova del suo migliore amico, Antonio Cimino, che voleva la bandiera rossa al suo funerale e la moglie non lo ha permesso.

E’ stato nella giuria del Premio Racalmare Sciascia e ha contestato sempre le scelte degli giurati, anche quelle di Sciascia che un anno ha voluto premiare Vazquez Montalban ma lui, Gaspare, no, non glielo voleva proprio dare il premio.

Quando scrive di scrittori lo fa sempre con rispetto, di Tomasi di Lampedusa come del poeta barbone di Genova, Bernardo Quaranta, che amava il vino e la libertà ed è morto in ospedale con la sua valigia piena delle sue poesie scritte sulle buste del pane.

Ma a Gaspare piacciono gli scrittori bravi, con la fama o senza fama, con molti lettori o senza più lettori. Da anni si batte per Antonio Castelli, Angelo Petix e per Antonio Russello, scrittori dimenticati. Se io fossi un editore, lo chiamerei a lavorare per scegliere i libri da pubblicare. Ma non sono un editore. Così posso solo parlare con lui di libri davanti al mare di Pirandello.

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Articolo scritto da Giovanna Giordano e pubblicato per la prima volta su La Sicilia del 4 Luglio 2012  a pagina 17 

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