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Conosco Carmine Abate da quando lo scrittore Vincenzo Consolo propose alla Giuria del Premio letterario Racalmare di premiare il libro “La moto di Scanderbeg”. Abate era, allora, uno scrittore poco conosciuto, ma se Consolo lo aveva segnalato vuol dire che nello scrittore di Carfizzi c’erano già gli elementi del grande letterato.

A  “La moto di Scanderbeg” sono seguiti altri romanzi, tra cui “La festa del ritorno”, “Tra due mari”, ambientati nella sua Calabria, e che sono libri di grande spessore e di successo ed ora “La collina del vento” che riceve l’ambito riconoscimento del Campiello che pone nell’Olimpo degli scrittori più importanti del nostro tempo Carmine Abate scrittore di Carfizzi, di origine albanese, operaio in Germania, docente nel trentino.

E’ da dire subito che Abate, anche se è stato in Germania, se vive nel trentino, è rimasto sempre con la mente e con il cuore nella sua Calabria e di questa terra ha fatto metafora del mondo, come Sciascia della Sicilia.

“La collina del vento”, a inizio di lettura, mi è rislultato ostico e quasi volevo abbandonarlo perché mi sembrava di vedervi una tecnica artificiosa di raccontare per attrarre il lettore e a me le tecniche artificiose mi respingono.

Sono andato avanti confortato da Vincenzo Consolo, che certamente non mi poteva tradire, e ho visto che il racconto si andava a poco a poco dipanando, che tutti i tasselli andavano al loro posto, che la storia entrava nel mondo che noi viviamo, che tutte le tematiche attuali della nostra vita entravano a pieno titolo nel romanzo.

Io vi ho ritrovato la vita e le problematiche della mia generazione che è più antica di quella di Carmine, certamente ci sono anche le problematiche dei miei figli e di un mondo antico che tende a scomparire o forse a essere distrutto.

Ho cercato di catalogare questo racconto e devo dire che ho trovato una grande difficoltà perché potrebbe trattarsi di un libro di formazione di almeno tre generazioni di uomini, o della saga di una famiglia patriarcale del ‘900, potrebbe essere la storia di una terra o di una collina, il Rossarco che è emblematico del destino del nostro territorio, o è la storia della ricerca di una cIttà della Magna Graecia Krimisa.

Il libro è tutto questo ma è soprattutto la storia terribile di un secolo nero qual’è stato il novecento con le sue guerre feroci, i sommovimenti politici, le emigrazioni e le immigrazioni, le immancabili evoluzioni e trasformazioni sia positive che negative.

Questa storia ci riporta al libro “Hotel Bruni” di Valerio Massimo Manfredi con sensazioni che sono assolutamente diverse. Il libro di Abate è radicato in una terra che l’autore sente sua e le storie e i personaggi sono sicuramente vissuti e reali, e la lingua li rende vivi. Carmine Abate ci fa gustare il calabrese e a ogni personaggio adatta il proprio linguaggio insomma fa parlare ognuno con la propria lingua, cosa che ce li rende assolutamente veri.

Alberto Arcuri con la moglie Sofia vivono la loro vita identificandola con la collina del Rossarco.

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Hanno tre figli Michele, Arturo e Angelo. Tutti e tre sono chiamati in guerra e torna vivo solo Arturo che ha il compito di continuare a mantenere in vita la stirpe degli Arcuri e di custodire il Rossarco che nasconde tutti i segreti della famiglia, la città della Magna Graecia Krimisa e la magia di una natura che non ha pari al mondo.

Il rosso della sulla, il profumo delle erbe mediterranee, l’azzurro del mare, gli ulivi secolari, la rindina janca, i profondi silenzi e la musica degli uccelli, sono protagonisti assoluti di una vita che si infrangerà nel nuovo che avanza, nella modernità che non sempre è positiva e che è foriera di speculazioni, di distruzioni, di ndrangheta.

Abate non calca mai la mano su un problema specifico; il suo libro non vuole certamente essere anti ndrangheta, né ambientalista, ma prende atto di quello che avviene nelle nostre contrade e lo racconta.

La collina del vento che nasconde Krimisa, la collina dai mille profumi e della rindina janca è assalita dalla speculazione edilizia, appoggiata dalla malavita organizzata.

La collina resiste all’attacco, la famiglia Arcuri non si piega né al fascismo, né alla malavita, né agli speculatori, ma l’irreparabile accade e una grave ferita le viene inferta e quindi la frana, aiutata da fortissime piogge, distrugge, in parte, la collina e fa venire alla luce la città di Krimisa che Paolo Orsi aveva cercato insistentemente.

Paolo Orsi, assieme agli Arcuri, è un protagonista di questa vicenda calabrese: un uomo venuto dal nord che vive il sud alla ricerca delle nostre radici e della nostra cultura greca e certamente l’autore con ciò vuole rafforzare i legami tra nord e sud che molti oggi mettono in discussione per attentare all’unità del paese di Dante e di Manzoni.

La collina frana e le nuove generazioni degli Arcuri vanno verso destini diversi: Ninabella ‘la pittora’ frequenta le gallerie artistiche di Londra, Rino insegna nel Nord e certamente in quest’ultimo personaggio bisogna riconoscere lo stesso autore che vive in trentino essendo spiritualmente rimasto in Calabria.

Che dire di questo libro! Io ho avuto l’impressione di leggere una storia che racconta  il ‘mosaico del tempo grande’, di un luogo grande pieno di fascino e di mistero, un mondo colorato del rosso del sangue e della sulla, dove ognuno di noi vorrebbe tornare a vivere ma in cui non si può tornare più.

Non si tratta di nostalgia perché Rino o Carmine Abate certamente non vorrebbero ritornare a vivere sul Rossarco senza fognatura, senza acqua, senza luce, ma vorrebbero un Rossarco vivo e pieno di profumi per ritornarvi per le ferie estive e questo non è possibile perché con o senza ndrangheta, con o senza speculazione, il mondo cambia e Carmine Abate certamente ne prende atto con qualche rimpianto e con qualche senso di colpa perché il mondo potrebbe cambiare senza peggiorare.

Michelangelo, che ha rifiutato il nuovo mondo e si è chiuso sulla collina, ha voluto salvare il nuovo mondo e, prima che la collina franasse, chiama il figlio perché vada a salvare gli immigrati che dormano nelle casupole abbandonate sotto il Rossarco.

Rino pone in salvo gli immigrati e poi il Rossarco frana distruggendo le casupole della fallita speculazione e portando alla luce la grande civiltà della Magna Graecia che certamente ci vuole indicare la via della salvezza attraverso la cultura e il bello coltivato dai greci.

Il libro di Carmine Abate  è un’opera che pone questo scrittore tra i grandi della letteratura meridionale che è il nerbo principale della letteratura europea che nei sud trova linfa e vita nuova.

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Agrigento,lì 6.3.2013

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