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Il bibliotecario Fabio Stassi ci stupisce con il suo nuovo libro “L’ultimo ballo di Charlot” che è tra i tre finalisti della XXV edizione del Premio Letterario Racalmare L. Sciascia di Grotte.

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Il libro lo abbiamo dovuto leggere perché componenti della giuria del premio però ci ha catturati subito per la levità della scrittura che molto spesso raggiunge tonalità liriche, per la profondità delle tematiche, per la interpretazione della vita che va vissuta, secondo l’autore, sorridendo: “Un giorno senza sorriso, dice Charlot, è un giorno perso”.

E l’uomo Charlot riesce a sopravvivere e, quindi, allontanare la morte, attraverso il sorriso e la comicità.

Una maga aveva predetto a Chaplin che sarebbe morto nel giorno di Natale e infatti, dopo gli ottanta anni, nel giorno di Natale, la morte gli si presenta regolarmente per portarlo via.

Ma Charlot ha un figlio di appena 15 annni e vorrebbe vederlo crescere ancora qualche altro anno e allora invoca delle proroghe alla morte che gliele concede grazie al fatto che il Clown riesce a farla sorridere con la sua goffaggine e con la sua grande comicità.

E’ la storia di Sherazade che sposa il principe persiano Shahriyar il quale, dopo la prima notte, uccide tutte le sue mogli per vendicarsi del tradimento della sua prima moglie.

Questa volta il femminicidio si ferma perché la giovane Sherazade racconta al suo uomo storie così affascinanti che inducono il re a rinviare di giorno in giorno l’uccisione della moglie e questo per “Mille e una notte”.

E allora nulla di nuovo sotto il sole? Un giorno, a proposito del fatto che tutto è stato scritto, Sciascia mi disse: “Siamo tutti ruminanti”.

Ruminanti però di parole nuove, di nuovi sentimenti, di nuove situazioni che il mondo ci fa conoscere e anche se Stassi si rifà a Sherazade ci racconta una storia delicata, bella, affascinante, significativa di un ‘vagabondo’ di un clown che, come tutti noi, calca la scena del  mondo per strappare un sorriso e dare un senso alla vita che amiamo e che ci sfugge e dalla quale non vorremmo mai distaccarci. Il Clown sa che siamo provvisori e che la morte può arrivare in qualsiasi momento per cui ognuno si gioca ‘ il tutto per il tutto con la consapevolezza di poter soccombere, una volta o l’altra. Per questo ho sempre raccolto il fieno finchè splende il sole’.

Rubiamo i giorni, spinti dal desiderio. “Senza desiderio, dice l’autore, non c’è mai stata vita per me. Ti diranno che sono i traumi del sesso a incidere la personalità. Non gli dare retta: il sesso è una malattia solo per i borghesi. Il vero trauma è la miseria, credimi”.

E spinto dalla miseria e dal desiderio di far sorridere Chaplin attraversa il mondo con le navi, con i treni, con gli aeromobili per acciuffare la fortuna e il successo. Sa che si diventa americani solamente con i soldi e alla fine di soldi ne fa tanti.

Vuole inventare tutte le cose che ancora non erano state inventate: “un aspirapolvere per risucchiare la tristezza e l’umore nero; un frullatore per farsi venire delle idee quando ne sei sa corto; un secchio di petrolio per cancellare le parole sbagliate che si pronunciano”.

Charlot ha trovato i soldi ma non ha potuto inventare l’aspirapolvere che risucchia la tristezza e l’umore nero e deve subire le persecuzioni che lo costringeranno a lasciare l’America per stabilirsi in Svizzera, dovrà subire le critiche di giornalisti sprovveduti che lo accusano di avere “rappresentato la meschina imperfezione del mondo”, non sapendo, questo giornalista, che con quest’ affermazione gli ha fatto il più grande complimento mai ricevuto.

La vita è una guerra contro tutte le cose che sono perfette e poi si guastano.

“Imparare a perdere la perfezione è troppo crudele e inseguirla per tutta la vita un gesto inutile e superbo”.

Charlot, mentre ruba qualche anno alla morte, scrive queste cose al figlio e questa lettera diventa un testamento, un libro tra i più belli di questi ultimi anni.

“I libri, scrive Stassi, sono sempre pieni di cose, ma per estrarle bisogna trattare ogni capitolo come se fosse uno scantinato o un solaio, con i cimeli di famiglia, gli arnesi abbandonati e quelli che si continuano ancora a usare…”.

Noi abbiamo rovistato in questo scantinato e nel solaio e abbiamo trovato tante verità della nostra vita, di questo passaggio, a volte doloroso, a volte lieve, ma che si può affrontare solo con il buonumore e con un pizzico di fantasia.

Bisogna sorridere alla morte che ci vuole ghermire.

Alla fine Charlot dice al figlio: “Questa lettera (questa vita diciamo noi) non è un film, e io volevo che sapessi tutto, anche le cose superflue, perché non mi ricordo più dove ho nascosto la verità. Sarebbe bello dissolversi con un ultimo abracadabra. Su un’aeronave, un treno, una mongolfiera. Ma in fondo sono contento di andarmene a cavalcioni solo delle mie parole”.

E noi lettori siamo veramente felici di avere fatto una cavalvata a cavalcioni delle bellissime parole di Fabio Stassi e dei suoi concetti pregnanti che parlano della nostra vita.

Con questo libro abbiamo scoperto uno scrittore vero dei nostri tempi, un letterato semplice, leggero, che sa leggere nel cuore umano e sa narrare le nostre storie con una scrittura poetica, come poetici sono molti suoi personaggi, che sa incatenare alla pagina anche il lettore pigro.

Agrigento, lì 24.8.2013

www.gaspareagnello.it