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Enna, 7-12-2011.
Gentili Signore e Signori Buonasera,

intanto devo ringraziare i presidenti del Rotary e del Kiwanis  per avermi dato l’incarico di presentare a voi lo scrittore Matteo Collura. Ringrazio anche lo stesso Matteo che vi ha segnalato il mio nome per parlare della sua opera  e questo certamente lo ha fatto perché, come ha scritto dedicandomi una copia del libro “Il Maestro di Regalpetra”,  abbiamo “un maestro in comune” che è stato Leonardo Sciascia.

Matteo Collura

Questa sera io provo una grande emozione perché a Enna ho tanti affetti e qui ho coronato un sogno della mia vita, infatti a Grotte la massima carica che ho avuto è stata quella di Vice Sindaco, mentre  a Enna sono diventato Sindaco, anche se per interposta persona e spero che questo nome sia ricordato come il nome di un “Galantuomo”. Il resto lo lascio al giudizio politico che non mi riguarda, almeno in questa sede.

Tornando al tema della nostra discussione voglio subito premettere che, per me, parlare di Matteo Collura è molto facile e difficile al contempo. Facile perché conosco tutta l’opera di Matteo, difficle  perché è cosa ardua sintetizzare in poche decine di minuti un’opera letteraria imponente e di grande spessore che ha inciso profondamente nel mondo della letteratura del secondo novecento. Per cui devo saltare molte cose e parlare di quello che più mi ha colpito e di quello che certamente il tempo difficilmente cancellerà.

Inizio dal primo lavoro di Matteo Collura “Associazione indigenti” pubblicato nel 1979 dalla casa editrice Einaudi, che ha vinto la prima edizione del premio letterario Racalmare città di Grotte presieduto da Leonardo Sciascia.

Ho visto il libro esposto in una edicola di Agrigento e mi ha colpito il fatto che la Einaudi avesse pubblicato l’opera prima di un cronista palermitano.

Ho riflettuto sul prezzo che era di tre mila lire ma poi l’ho comprato e non me ne sono pentito.

Matteo racconta la storia del sottoproletariato palermitano che si organizza in Associazione, con un presidente che si fa stampare i biglietti da visita. E’ una storia di miseria, di fame, di espedienti per vivere, di proteste tendenti ad avere piccoli contributi,  pasti gratuiti.

Ma la cosa che colpisce è che il giovane cronista riesce subito a diventare scrittore, poeta  e la materia si trasforma in prodotto letterario.

Gli indigenti vanno a fare il viaggio di omaggio a Santa Rosalia, come tutti buoni palermitani, ma nessuno li considera. Anche Marx nel “Manifesto” li considera ‘putrefazione’.

Cantano gli indigenti:

Mamma…

Solo per te la mia canzone vola…

Mamma

Sarai con me, tu non sarai più sola!…

“Giuseppe Magrì si staccò dal gruppo e, cantando, raggiunse il ciglio di un crepaccio.

Possibile che non ci sentano? – si avvilì vedendo la città, imperturbabile,  in basso – Possibile che non si accorgano mai di noi?

Erano le  dodici e trenta, Giuseppe Magrì lo potè testimoniare perché in quel momento, guardò l’orolgio. E in quel preciso momento ebbe la sensazione che dalla distesa dei tetti in basso stesse lievitando un coro

Mamma…solo per te la mia canzone vola….

Giuseppe Magrì ascoltò sbigottito crescere il coro gigantesco.

Ascoltate! Disse rivolto agli altri soci ed ebbe l’impressione che  qualcosa di straordinario stesse accadendo laggiù ai piedi della montagna. Attraverso una cascata di lacrime vide la città fermarsi assordata dal coro possente, i passanti tapparsi le orecchie, la gente in casa chiudere le imposte, quella in macchina alzare i vetri, persino negli ascensori si insinuava il coro immenso.

Sullo spazio assolato, Rosetta Gulì fece forza sulle gambette e proruppe nel finale

Sei, tu, la vita

E per la vita non ti lascerò mai più!

Giuseppe  Magrì si accasciò confuso. Un silenzio innaturale era piambato sulla città attonita. Cinque minuti durò, secondo i suoi calcoli, il grande silenzio,  poi si udì un colpo di clacson, poi un altro, seguito da un altro e la mattinata ebbe termine coi suoi rumori di sempre.

Fu arteriosclerosi?  A Giuseppe Magrì rimase il dubbio,  anzi si disperò nell’incomprensione”.  Nel mondo non ci sono  orecchie disposte ad ascoltare gli indigenti.

Mentre gli straccioni sfilano, i balconi si chiudono per evitare il pericolo di contagi. Una donna, affacciata al balcone, sta a guardare e Agostino Giummo le grida: “Ehi, signora, mi vede? La donna ebbe un sussulto, rinculò e chiuse la finestra”.

Mi sono voluto attardare a lungo su questo libro perché, dopo averlo letto, lo proposi a Sciascia affinchè venisse premiato al premio Racalmare e Sciascia mi disse: La cosa mi piace perchè il libro è nato tra le mie mani. Anzi la bozza che Collura ha dato a Sciascia per visionarla è stata restituita con l’impronta della tazza di caffè che il maestro vi consumò sopra.

Da questo esordio, che ha avuto come padrini Sciascia e Consolo e Italo Calvino, è nato un fuoco che ancora continua a bruciare,  non per distruggere ma per creare. Gesù ha detto sono venuto a portare il fuoco.

Geno Pampaloni, dopo avere letto “Associazione indigenti” scrisse: “E’ da tenere d’occhio”.

Quindi Collura, restando sempre nella propria terra, pubblica “Sicilia sconosciuta” (Rizzoli 1984), che è diventato un fortunato caso editoriale.

Ancora la Sicilia e soprattutto gli zolfatari. Il padre di Collura, Bartolomeo, era di Grotte, paese minerario che fu sede del primo congresso regionale dei fasci dei lavoratori e nelle sere d’inverno, non mancava di raccontare al figlio le storie degli zolfatari, i drammi dell’emigrazione nelle americhe:

e vennu a matina: li viditi?

Parinu di la morti accompagnati,

vistuti di scuru, li cunfunniti

mmezzu lu scuru di li vaddunati.

Scinninu a la pirrera…..(A.Di Giovanni)

 

Ed ecco un libro che vuole essere l’epopea dei minatori: “Baltico” che parte dai racconti del padre.

E’ un libro che mi è molto caro perché lo sento mio in quanto io, noi siamo impregnati di zolfo, lo zolfo, di Pirandello, di Sciascia, di Alessio Di Giovanni, di Nino Savarese.

L’ho commentato, con gioia, assieme a Sciascia nella sua terazza di contrada Noce.

Sciascia certamente ha segnato la vita di Collura. Quando si dice Collura si deve pensare a Sciascia e viceversa.

Collura è stato il figlio prediletto di Sciascia e Collura ne è stato  figlio devoto e fedele.

Sciascia muore nel 1989 e ci lascia tutti orfani. Lascia orfana l’Italia della sua coscienza critica, lascia orfana la cultura italiana che stenta ancora a trovare una voce così possente e incisiva come quella dello scrittore di Racalmuto, lascia orfani i tantissimi amici che frequentavamo la terrazza di contrada Noce e che alla sua grande cultura ed umanità ci siamo abbeverati.

A questo punto Matteo Collura, che aveva seguito Sciascia in tanti suoi viaggi, che era stato sempre al suo fianco, che lo guidava nella brumosa Milano, che lo assistette, come figlio, nel suo calvario di dolore, aveva il dovere di fissare nell’inchiostro tutti i ricordi di sì tanto padre, ricordi che erano fatti letterari che non si dovevano assolutamente perdere. Ed ecco l’opera “Il Maestro di Regalpetra” “Vita di Leonardo Sciascia” edito dalla Longanesi di cui era Amministratore Delegato Mario Spagnol, amico di Sciascia.

Fu certamente Spagnol che incoraggiò Collura a scrivere la biografia di Sciascia e fu lo stesso Spagnol a chiedergli di scrivere, poi, su Pirandello.

Io quando ho letto quella biografia ne ho fatto una lunga recensione che ho perduto ma mi resta una lettera di ringraziamento di Matteo del 7 Dicembre 2000 nella quale mi dice: “Io ho amato Sciascia al punto di pensare di non potere ( e di non dovere) scrivere una biografia. L’ho fatto per contribuire a ristabilire la verità sull’uomo e sullo scrittore. L’ho fatto da “figlio”, come tu dici, ma da figlio che sceglie il proprio padre e di questa scelta fa destino”.

Questo libro è il più grande monumento eretto da un figlio al proprio padre spirituale, ma è una importante pagina della letteratura italiana del secondo novecento. Questa biografia  è indispensabile per capire Sciascia e quindi per capire i fermenti letterari di quel tempo che sono di grande rilevanza se si considera che attorno a Sciascia si muoveva la grande letteratura europea e anche il mondo delle arti quali la pittura, la fotografia, la grafica. Tutto quanto produsse il ‘900 letterario passò dalle lenti di ingrandimnento di Sciascia e Collura lo certificò.

Sciascia fu attento osservatore dei fermenti letterari, anche di queli che potevano sembrare minimi. Valorizzò scrittori poco conosciuti ma che meritavano ben altro destino.

Non dimenticò Nino Savarese e Collura ne fa ampia menzione e cita quanto scritto da Sciascia: “Senza l’avventura della zolfara non ci sarebbe stata l’avventura dello scrivere, del raccontare: per Pirandello, Alessio Di Giovanni, Rosso di San Secondo, Nino Savarese, Francesco Lanza. E per noi”.

E ancora Collura si intrattiene sul rapporto di Sciascia con lo scrittore di Castrogiovanni a proposito del titolo del suo primo libro “Le parrocchie di Regalpetra”:

“A confrontare i due titoli, molto più suggestivo e letterario sembra quello trovato da La Terza, semplicemente pensando alle “parrocchie” del paese che lo scrittore aveva già chiamato Regalpetra per due ragioni, come da lui stesso spiegato: “La prima, che nelle antiche carte Racalmuto ( cui in parte le cronache del libro si riferiscono) è segnata come Regalmuto; la seconda, che volevo in qualche modo rendere omaggio a Nino Savarese, autore dei Fatti di Petra. Di questa seconda ragione molti, forse, si meraviglieranno: ma a parte l’affezione che ho sempre avuto per l’opera di Savarese, e specialmente là dove tocca i miti e le storie della terra siciliana, debbo confessare che proprio sugli scrittori ‘rondisti’ – Savarese, Cecchi, Barilli- ho imparato a scrivere. E per quanto i miei intendimenti siano maturati in tutt’altra direzione, anche intimamente restano in me tracce di un tale esercizio…”

Ed infine Collura cita i luoghi di cui era attratto Sciascia e tra essi c’è “Enna, la nebbiosa città di Nino Savarese”.

Se Sciascia ha amato Savarese ci dovevano essere buone ragioni e noi le abbiamo rilevate in queste notazioni che vi facciamo ascoltare perchè sembrano scritte proprio oggi per la situazione particolare del nostro paese:

“Non sappiamo quello che sarà di noi. Che Dio protegga l’Italia!

Che Dio ci protegga. L’Italia è una nave abbandonata nella tempesta: rotta è la sua carena, diviso è il suo comando, tra lo straniero che ne tiene una parte legata al suo destino, e sull’altra il re vi sta aggrappato da naufrago.

Terribile solitudine di un popolo che ha qualche cosa di tragico e di sublime.

Egli è veramente solo!

Se troverà la via della salvezza, sarà tutto merito della virtù. Ma ora che l’hanno lasciato solo si faccia un grande silenzio attorno a lui. Cessino alla fine di parlare tutti quelli che per troppo tempo hanno preteso di guidarlo e illuminarlo.

E’ un popolo smarrito e ferito che non può affidarsi a nessuno. Nessuno può garantirgli sincerità e saggezza.

Deve ritrovare da solo il giusto consiglio. Lasciate che si raccolga in silenzio tra i suoi monti, nelle sue valli, nelle sue case…

…lo lascino ancora più solo questo povero popolo per sì lungo tempo preso nel subdolo meccanismo della paura, adescato dalla corruzione, illuso dalla menzogna, o anche, con inumano calcolo, secondato nei suoi istinti di preda e di violenza, e nel suo vano orgoglio.

Solo la solitudine lo potrà salvare. Se ne vadano tutti nelle grandi città, come in raccolta di appestati, i falsi eroi della politica, i trafficanti della vanità, gli insopportabili virtuosi della retorica, e tutti coloro che nella sventura comune non hanno visto altro, e non vedono, che sempre nuove e più vaste possibilità di commerciare e di arricchire…”

E dopo questa breve e doverosa digressione, ritorniamo al nostro Matteo Collura per dire che la sua produzione letteraria si infittisce e vedono la luce “Eventi” (Longanesi 1999), Alfabeto eretico (Longanesi 2002), “In Sicilia” (Longanesi 2004), “L’Isola senza ponte” (Longanesi 2007), quasi tutti ripubblicati con la casa editrice TEA in formato economico, e fra qualche giorno vedrà la luce il “Libro siciliano” di Collura e Melo Minnella edito da Flaccovio che sarà presentato a Palermo il 13 di questo mese dalla Società Siciliana di Storia Patria con gli interventi di Nino Buttitta e Vittoria Alliata. Certamente si tratterà di un libro Strenna.

Di tutti questi libri non  voglio parlare perché altrimenti dovremmo restare qui tutta la notte e non ci conviene. Ma mi soffermo brevemente sul libro “Qualcuno ha ucciso il generale” (Longanesi 2006) nel quale l’autore fa rivivere l’epopea adamantina di una grande garibaldino il Generale Corrao che diede tutta la sua vita alla Patria e che fu barbaramente assassinato mentre tornava, col suo calesse, dalla sua campagna. Un delitto oscuro di mafia o un delitto politico?

Si è voluta far tacere una voce scomoda, un eroe insoddisfatto di come sono andate le cose con l’unità d’Italia?  Certamente il Generale Corrao non poteva approvare il fatto che al Re di Napoli si sostituì il Re di Piemonte e che tante illusioni dei siciliani andarono in fumo.

E quindi Corrao fu ucciso e Matteo Collura ha avuto il grande merito di ricordarlo a tutti gli italiani. Nel festeggiare i centocinquant’ anni dell’unità d’Italia, questo libro  getta una luce di eroismo puro in una vicenda molto oscura.

Ma tutta l’opera di Collura ci porta a Pirandello, che Sciascia aveva adottato come padre; lo stesso Generale Corrao ci porta a “I vecchi e i giovani”, tutti gli altri libri sulla Sicilia sono intrisi del dramma del vivere pirandelliano e poi quando Matteo si affaccia al balcone della sua campagna sente arrivare il profumo del pino solitario di contrada caos,  odora il mentastro e ammira la natia campagna del maestro e la casa romita a cui il drammaturgo ritorna deluso e stanco dalla tenzone della vita, dal dramma della follia vera o finta.

E, a prescindere dalla promessa che lo scrittore agrigentino aveva fatto all’amministratore  unico della Longanesi Mario Spagnol, Collura non poteva evitare di andare a scavare negli anfratti del vicino di casa, per conoscerlo meglio, per disvelarne i segreti reconditi per farlo conoscere al grande pubblico che, sicuramente, avrà visto tante sue opere senza conoscere appieno la vita dell’autore e le connessioni tra vita di Pirandello e teatro di Pirandello.

Ed ecco che Collura  scrive “Il gioco delle parti”  “Vita straordinaria di Luigi Pirandello” che è una grossa operazione di verità e di denudamento del personaggio per presentarci “la persona”, l’uomo con tutti i suoi drammi terribili, con tutte le sue debolezze. L’autore si muove in un campo minato perché tante biografie sono state scritte sul drammaturgo del Caos e quindi ci può essere il pericolo del plagio e della ripetizione, ma Collura queste cose le ha messe nel conto e ne è uscito con un lavororo di grande spessore che serve a tutti per conoscere Pirandello ma soprattutto per comprendere le sue opere.

Pirandello i suoi panni sporchi li lavava sul palcoscenico e ogni sua opera rfiflette una sua situazione personale e i drammi e le follie dei suoi personaggi sono i suoi drammi e la sua follia.

Matteo scava nel rapporto tra Pirandello e la moglie, tra Pirandello e la figlia Lietta che ha amato così intensamente, fino al punto di essere stato accusato dalla moglie di incesto nei confronti della figlia, scava nel rapporto che lo stesso ha avuto con i figli e soprattutto con Stefano, anch’egli autore di testi teatrali che venivano schiacciati dalla grande notorietà e dal dispotismo del padre.

Non ha pietà Collura di mettere a nudo il Pirandello fascista che aderì al fascismo proprio all’indomani del delitto Matteotti, che osannò il Duce al teatro Argentina nel 1935 con un discorso tenuto in camicia nera,  e che fu ricevuto dal Duce per due volte mentre Pirandello lavorava per la creazione di un teatro popolare nazionale di cui c’era tanto bisogno anche per il fatto che non potevano mettersi in scena opere straniere per via delle sanzioni.

Mussolini, certifica Collura,  promise appoggio pieno al progetto pirandelliano per poi non fare niente. Solo seppe consigliare a Pirandello di stendere le donne sul divano.

Bel vizietto hanno i nostri cavalieri (passati remoti e passati recenti).

Ma questo discorso del divano indignò Pirandello che visse un amore platonico intenso, atroce, mai consumato, di natura epistolare

Amò Marta Abba e questo amore cambiò la vita di Pirandello.( Leggiamo un brano del libro di Collura sull’incontro con la sua ‘DEA’)

 

Dopo Marta Abba l’Amore di Pirandello nei confronti della figlia si attenuò e lei lo capì fino al punto di scrivergli: “Non c’è mai da fidarsi di certi pizzetti mefistofelici e certi occhi puntutissimi!”.

Pirandello visse questo amore in maniera drammatica perché doveva subire la critica di tanta gente che non comprendeva come un uomo anziano potesse vivere un amore come un ventenne. Ed ecco che il suo dramma diventa teatro: “Quando si è qualcuno” in cui si racconta il tormento di un artista che, nonostante nella forma appaia vecchio e ormai inadatto all’amore, sente intatto, come un giovane può sentire, il bisogno d’amare…Perché non amare come si ama a vent’anni, se lui in amore sente di avere propriamente vent’anni?  Che cosa gielo vieta? La decenza? La coscienza?

Quando ci si innamora è come avere vent’anni anche se si hanno ben 77 anni e in questo concordo con Pirandello.

Da queste brevi notazioni si comprenderà benissimo che la ricerca di Collura sulla vita di Pirandello ci ha svelato un grandissimo drammaturgo che ha trasformato il suo dolore e il suo dramma nel dolore e nel dramma del mondo, che ha attinto, forse e sicuramente inconsapevolmente, alla grande filosofia di fine ottocento: al positivismo, al nichilismo, a Nietzsche, al materialismo marxiano, a Freud, sempre partendo dai personaggi agrigentini: ma ci ha anche denudato un uomo per farcelo vedere in tutta la sua drammatica realta.

Dalla lettura de “Il gioco delle parti” ne usciamo sicuramentre più ricchi.

Questo quanto vi dovevo; se ne volete sapere di più su Matteo Collura consultate il libro che, su di lui, ha scritto Maria Grazia Caruso “I testimoni assenti nell’opera di Matteo Collura” edito da Sciascia e tante altre tesi di laurea fatte sul nostro autore, in Italia e all’estero.

Ora lui ci dirà qualche cosa in più sul libro “Il gioco delle parti” e sulla sua attività letteraria.

Agrigento,lì 23.11.2011

Gaspare Agnello