Conobbi la scrittura di Gesualdo Bufalino leggendo “Diceria dell’untore” mentre ero ricoverato in un centro di pneumologia toracica situato nella Conca d’oro di Palermo; non so se era la stessa struttura dove lo scrittore comisano curò la sua tubercolosi.
Lascio immaginare quali sensazioni si possono provare nel leggere quel libro in quel clima ospedaliero che è quello rievocato nel romanzo.
Poi seguì la vicenda del premio letterario Racalmare con la presidenza di Leonardo Sciascia e così ho potuto conoscere di persona mastro Don Gesualdo “mastro di scrittura”.
Nella prima edizione del premio, che si svolse al cinema Marconi di Grotte e che vide premiato Matteo Collura, Bufalino non era presente.
Venne a Grotte nella seconda edizione del 1986 allorché fu premiato per il suo libro ‘L’uomo invaso ed altre invenzioni”.
Questa scelta è stata la più tormentata e infatti il premio non si celebrò per ben quattro anni perché la giuria e Sciascia non trovarono mai l’accordo su un nome da premiare. Sciascia ci propose di premiare un libro di un certo Greppi e noi non lo abbiamo accettato, ci propose di premiare Antonio Castelli e né io né il Preside Cimino fummo d’accordo (Castelli poi si suicidò).
Avevamo proposto a Sciascia di dimettersi per premiarlo ma respinse decisamente la proposta finché lo stesso Sciascia, visto che noi volevamo dargli un tributo di riconoscenza, ci propose di dare a lui la cittadinanza onoraria di Grotte e di premiare Gesualdo Bufalino con il libro “L’uomo invaso”.
A tal proposito Carmela Linda Criminisi scrive: “ E’ Leonardo Sciascia a “segnalare” Bufalino scrittore sessantacinquenne già vincitore del Campiello nel 1981 con il romanzo “Diceria dell’untore”. Per i componenti della commissione del Premio, nonché per i lettori grottesi vicini al “Racalmare”, l’incontro con questo intellettuale acuto e raffinatissimo è un’autentica rivelazione. Ma è anche l’inizio di un lungo e affettuoso sodalizio tra il “Racalmare” e lo scrittore comisano, che sarà nominato – a partire dalla quinta edizione del 1989 – consulente letterario della manifestazione, assieme a Matteo Collura prima e poi anche a Vincenzo Consolo”.
Veniva ogni volta alla cerimonia di consegna del premio e portava sua moglie che già era stata colpita da ictus. Faceva tappa alla Noce da Sciascia e al pranzo che, quasi sempre si svolgeva al ristorante “Caliatu” di Racalmuto, Bufalino serviva con amorevole pazienza la moglie invalida che mia moglie seguiva standole accanto per tutta la manifestazione in quel di Grotte.
Nel Novembre 1989 morì Leonardo Sciascia e tutti abbiamo pensato di sostituirlo con il suo amico Bufalino.
Ci siamo recati a Comiso per convincerlo ad accettare la nomina, ma fu molto riluttante per via delle sue situazioni familiari che erano veramente disastrose. La moglie semi paralizzata, la mamma centenaria e quindi da accudire non gli consentivano di allontanarsi dalla sua Comiso.
La sera doveva assolutamente rientrare a casa.
Lì’ho incontrato a Enna dove ha ritirato, al teatro comunale, il premio intitolato a Nino Savarese e , subito dopo la manifestazione, è andato via in fretta per far ritorno a casa.
Accettò di presiedere il premio per una sola edizione, in attesa di trovare un nuovo presidente e ci consigliò, per il futuro, di coinvolgere nella giuria del premio qualche liceo della zona per invogliare i giovani alla lettura.
Noi abbiamo coinvolto le quinte classi delle scuole elementari di Grotte e la scuola media che, nell’anno successivo, hanno presentato elaborati, sul libro premiato l’anno precedente e l’esperimento ebbe risultati veramente positivi.
Il 16 Giugno 1990 la Giuria del premio Racalmare si riunì nella abitazione di Gesualdo Bufalino a Comiso e decise di assegnare il premio della sesta edizione alla scrittrice Luisa Adorno (pseudonimo di Mila Stella) per il suo libro “Arco di luminara” con la seguente motivazione : “Arco di luminara” è la rappresentazione esemplare di un microcosmo di provincia e delle sue umili ma preziose intimità familiari, così come una donna le ha vissute e memorizzate nel giro lungo degli anni”.
La cerimonia di consegna avvenne nella piazza antistante il municipio di Grotte il giorno 30.9.1990 ed ebbe uno strascico polemico molto duro con Vincenzo Consolo il quale si dimise da consulente del premio motivando le sue dimissioni col fatto che non si poteva assegnare un premio letterario, celebrato con finanziamenti pubblici, mentre la mafia, a pochi chilometri di distanza il 21 settembre dello stesso anno, uccideva il giudice Rosario Livatino.
Bufalino ebbe a dare a Consolo una risposta molto dura affermando che la mafia si combatte appunto con la cultura e diffondendo i libri che sono in grado di espugnare una fortezza.
E’ nota la posizione di Bufalino che affermava che la mafia la possono combattere i maestri delle scuole elementari formando le coscienze delle giovani generazioni.
Non ricordo più se, dopo quella cerimonia, sia tornato altre volte a Grotte.
Il 14 giugno del 1996 muore in un incidente stradale avvenuto lungo la strada Vittoria – Comiso, al ritorno di una visita alla moglie.
Un uomo che non aveva mai guidato una macchina e che, come il suo amico Sciascia, non aveva la patente di guida, muore, ironia della sorte, a seguito di un incidente di macchina, guidata da un amico, favorito da un temporale estivo.
La Giuria del premio Racalmare non dimenticò il suo Presidente onorario e, nello stesso anno della morte, gli assegnò la nona edizione del premio alla memoria per il suo ultimo romanzo “Tommaso il fotografo cieco” nonché per la sua intera produzione letteraria. Il premio venne ritirato dalla moglie Giovanna Leggio alla presenza del Sindaco Antonio Carlisi, del Ministro della Repubblica di Malta Evarist Bartolo e del Sindaco della cittadina maltese Attard, Henry Frenda. Nel corso della cerimonia Matteo Collura dirà: “ Per Sciascia, scrivere rappresenta la maniera per avvicinarsi alla verità della vita e ridare dignità all’uomo, per Bufalino è un modo per ingannare l’attesa della morte e dare un senso all’umana esistenza”.
L’incontro con Bufalino, come l’incontro con Sciascia e con Consolo, ha cambiato la mia vita perché questi uomini mi hanno avvicinato ai libri e mi hanno fatto conoscere il valore della letteratura.
Bufalino era un uomo semplice che non fu affatto influenzato dal grande successo letterario. Restò l’uomo di sempre vestito con il suo solito berretto e d’inverno con il solito cappotto.
L’ho visto a tavola mentre aiutava a mangiare la moglie, l’ho visto in un bar delle 640, al funerale di Sciascia, a casa sua dove sono stato alcune volte per ragioni del premio.
Mi diceva che non amava le nuove tecnologie e che invece aveva appreso a manovrare il registratore collegato al televisore che lui sistemava perché gli registrasse i film antichi che venivano trasmessi a notte inoltrata mentre lui dormiva. Era un grande cinofilo e amava i film del neorealismo e i film americani.
Sciascia diceva che Bufalino era uno scrittore “umido” mentre lui era uno scrittore asciutto.
Umido come la terra umida da cui nascono frutti e fiori copiosi. Certamente è stato lo scrittore più raffinato del secondo novecento la cui prosa è veramente sublime e degna di essere studiata nei licei per insegnare ai giovani studenti il piacere dello scrivere in maniera elegante.
Quando Sciasca morì, Bufalino disse che lo aveva preceduto e quindi si era quasi offeso perché la precedenza nella morte toccava a lui che era più anziano.
Con la morte Bufalino aveva un particolare rapporto. Mi gira attorno, disse in una bellissima intervista concessa a Chiambretti per la trasmissione “Il laureato” che la RAI dovrebbe proporre al grande pubblico perché quella è una intervista veramente molto bella.
E la morte se lo prese, ironia della sorte, in una notte d’estate, con un incidente di macchina, mentre tornava da Vittoria dopo avere fatto visita alla donna della sua vita e ritornava a casa dalla vecchia mamma che, a cento anni, pianse il figlio Dino.
E noi tutti ‘ce ne ricorderemo, di questo grande uomo, mastro della scrittura’.
Agrigento, lì 14.6.2016.
Gaspare Agnello
P.S. In data odierna il giornale “L’Avvenire” ha pubblicato
un articolo di Massimo Onofri su Gesualdo Bufalino.
Un altro articolo è stato pubblicato
Da Matteo Collura su “Il Messaggero” del 5.6.2016.
Da qualche mese, grazie a Leonardo Sciascia, sto leggendo Bufalino che conoscevo solo per sentito dire. Tutto ebbe inizio circa sei mesi fa, quando decisi di rileggere alcune opere di Sciascia per un mio approfondimento sull’essere siciliano, o sicilitudine come si ama definirla. Sciascia non condivideva, almeno non completamente, la visione che il Lampedusa ci descrive nel bellissimo discorso che don Fabrizio Salina fa a Chevalley, e volevo capirne le motivazioni. Questo mi ha portato alla rilettura non solo di Sciascia ma anche del “Gattopardo”, “I Vicerè” e il meno conosciuto “I Vecchi e i Giovani” di Pirandello.
Ora non starò qui a descrivere le conclusioni tratte da queste letture, poiché non è questa la sede e l’argomento dei mie studi, però queste letture mi hanno portato prima a leggere Vittorini e dopo a scoprire la bellissima (secondo il mio personalissimo gusto) prosa di Bufalino; non solo “Diceria dell’untore”, ma anche “Museo d’ombre”, “Argo il cieco” , “L’Uomo invaso” e “Le menzogne della notte” che sto leggendo, sono testimonianza di un grandissimo scrittore. Certamente la Morte primeggia nelle sue opere, una morte esistenziale, ontologica la definirebbe un antico maestro cristiano che si apprestasse ad annunciare il suo Kerigma. C’è molto materiale autobiografico, almeno questa è la mia impressione, che denota non solo una grandissima preparazione intellettuale, ma anche una delicatezza e nobiltà del raccontare fatti e personaggi, veramente notevole. Mi colpisce la sua capacità di rendere universale, e quindi da tutti leggibile, quello che in origine è particolare; ossia puro fatterello di paese. Questa dote è presente solo nei grandi artisti.
La Mafia si sconfigge con i Libri? Io non so rispondere a questa domanda, poiché ritengo che molti altri fattori entrano in gioco, ma riformulando la domanda invertendo il soggetto, ossia… Senza i Libri si può sconfiggere la Mafia? La mia risposta senza se e senza ma è un secco NO.
Il mio rammarico, profondo e sincero, è che la Regione Sicilia dovrebbe tutelare e diffondere i suoi grandi scrittori, e Bufalino è uno di questi, non solo rinchiudendoli dentro le mura di una fondazione, ma anche facendoli muovere e vivere dentro le aule delle scuole di ogni paese, città e provincia di questa nostra bellissima e travagliata isola.
Non so chi sia questo Grassonelli, ma lo ringrazio per le considerazioni dotte che ha fatto su Bufalino e la letteratura siciliana di fine 800 e del 900. Si vede che ha letto molto e che ha saputo apprezzare i grandi narratori siciliani che hanno fatto grande la letteratura italiana.
La prosa di Bufalino è una cosa diversa, raffinata, alta.
Se questo Grassonelli dovesse essere malerba vuol dire che avevo ragione nell’affermare una paternità. Abbracci da Gaspare Agnello
Gradirei sapere chi è Giuseppe Grassonelli, considerato che Malerba purtroppo non può comunicare con l’esterno.
Rispettabilissimo Professore Agnello, sono io che la ringrazio per avere gradito il mio commento. Non sono, naturalmente, il Giuseppe Grassonelli di Malerba ma semplicemente un suo cugino che ama profondamente la letteratura, per la verità sono anche uno scrittore sconosciuto… così sconosciuto che mi sono autopubblicato i mie libri. Leggo spesso quello che scrive nel suo Blog, trovo che sia una bella cosa diffondere, difficilissimo ad Agrigento, la passione per la letteratura siciliana, e mi accorgo, mentre le scrivo, che ormai la seguo da molti anni. Mi è dispiaciuto molto, come nasconderlo, la sua decisione di abbandonare il premio Sciascia, pur rispettandola e capendola fino ad un certo punto, ma naturalmente io conosco solo quello che ho letto e non quello che non è stato detto. Ma non voglio aprire nessuna ferita, anche se sono convinto che mio cugino in questa vicenda non abbia nessuna colpa. Ritorniamo a Bufalino, condivido sul fatto che la prosa sia raffinata e diciamolo pure… superiore nella rappresentazione scenica a quella di Sciascia. C’è una Estetica del linguaggio davvero notevole, certe volte le parole sembrano i colori di un pittore e le frasi invece i suoi paesaggi, mentre Sciascia ha uno stile molto più asciutto… ma incredibilmente profondo e tagliente, sembra volerti colpire continuamente ma solo per svegliarti l’anima. Credo che in questo tempo, in questa nostra terra, manchi terribilmente una personalità come Sciascia, cioè di uno scrittore che non scriva solo per raccontare una bella storia… ma che scriva anche per ricordarci ogni giorno la nostra storia, e che questa storia ci dia emozioni e riflessioni per farci crescere come comunità umana, che aspiri, nel suo cammino eterno, sempre a valori alti e positivi.
Avrei il piacere di conoscerla. iL MIO TELEFONO è 3381909035