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French writer Emmanuel Carrere poses for a photograph in Paris on February 17, 2016.  / AFP / JOEL SAGET        (Photo credit should read JOEL SAGET/AFP/Getty Images)

French writer Emmanuel Carrere poses for a photograph in Paris on February 17, 2016. / AFP / JOEL SAGET (Photo credit should read JOEL SAGET/AFP/Getty Images)

La tredicesima edizione del premio letterario Giuseppe Tomasi di Lampedusa di Santa Margherita di Belìce, che avrà luogo il sette Agosto, è stata appannaggio dello scrittore francese Emmanuel Carrère, con il libro “Il Regno” edito dalla casa editrice Adelphi.

Carrère per un breve periodo, attorno ai trent’anni, è stato cattolico fervente, ora non lo è più ma non smette mai di interrogarsi sulla fede e sul cattolicesimo.

Veri eroi di questo libro sono due uomini, ciascuno, a modo suo, fuori dal comune, quelli che oggi si chiamano San Luca e San Paolo.

Nella doppia veste di investigatore e di romanziere, Carrère ne ricostruisce i percorsi, narrandoci vicende che scopriremo essere molto più intricate, di quanto mai avessimo supposto.

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In effetti Carrère ricostruisce le lotte per il potere che si svolsero all’interno delle prime comunità cristiane tra gli evangelisti della prima ora e Paolo di Tarso che veniva considerato un dissidente e quindi avversato ferocemente.

Carrère è molto dissacrante e paragona le lotte intestine dei primi cristiani alle lotte che si svolsero dentro le mura del Cremlino tra Stalin a altri gerarchi per la conquista del potere e in questa lotta Paolo è paragonato a Trockij.

Carrère si allontana dal Cristianesimo perché non crede alla resurrezione, alla prossima fine del mondo predicata da Paolo, alla resurrezione dei morti e in quanto a quella di Gesù avanza l’ipotesi che il corpo di Cristo possa essere stato trafugato da alcuni suoi fedelissimi o fatto sparire, come quello di Bin Laden, per evitare che la sua tomba potesse diventare luogo di culto.

Fa dire al fotografo Patrik Blossier “che è curioso che persone normali, intelligenti, possano credere a una cosa tanto pazzesca come la religione cristiana una cosa in tutto e per tutto identica alla mitologia greca e alle favole”.

“Poteva interessarmi la teologia, ma, citando Borges, come un ramo della letteratura fantastica”.

La religione per i credenti è la verità e la vita per Carrère invece è un’illusione consolatoria.

“Sono uno scrittore che cerca di capire come si è mosso un altro scrittore, e mi sembra evidente che spesso Luca inventa. Sono soddisfatto ogni volta che ho fondati motivi per inserire un passo del suo Vangelo nella casella delle invenzioni, soprattutto perché in alcuni casi si tratta di pesci grossi: il Magnificat, il buon Samaritano, la storia sublime del figliol prodigo. Da addetto ai lavori apprezzo e vorrei fare i miei complimenti al collega”.

“Ora mi avvicino da agnostico a questo testo cui un tempo mi sono avvicinato da credente. Un tempo volevo impregnarmi di una verità, della Verita, ora cerco di smontare l’ingranaggio di un’opera letteraria. Pascal direbbe che il dogmatismo di un tempo è diventato pirroniano”.

Però Carrère subisce sempre il fascino di alcune parti del Vangelo  che, secondo lui, provengono dal testo Q e che propagandano norme veramente eccezionali quali le beatitudini, l’amore per il prossimo, il perdono assoluto e così via.

“Chi parla in Q è un uomo, nient’altro che un uomo, e non ci chiede mai di credere in lui, soltanto di mettere in pratica le sue parole”. “Gesù veniva venerato perché era un saggio e non perché era risorto”.

E infatti “Gesù non dice di essere il Cristo, né il Messia, né il figlio di Dio, né quello di una vergine. Soltanto  “il Figlio dell’Uomo”.

“Non si saprà mai chi  era veramente Gesù né che cosa veramente abbia detto, ma sappiamo  chi era  e cosa abbia detto Paolo”.

Questo libro di Carrière è frutto di studio e di travaglio interiore, travaglio che si trasfonde nel lettore. A noi ci viene difficile giudicarlo anche se lo riteniamo un grande romanzo storico ma lo lasciamo giudicare allo stesso autore che dice: Questo libro che sto scrivendo sul Vangelo è uno dei miei molti beni. La sua ampiezza mi fa sentire ricco me lo figuro come il mio capolavoro, sogno per lui un successo mondiale…”

E Carrère conclude la sua opera con queste parole:

“Il libro che termino ora l’ho scritto in buonafede, ma cerca di avvicinarsi a qualcosa di tanto più grande di me da far sembrare questa buonafede  ben poca cosa, lo so. L’ho scritto portandomi dietro il peso di ciò che sono: un uomo intelligente, ricco, con una posizione: altrettanti handicap per chi vuole entrare nel Regno. Comunque ci ho provato. E nel momento di lasciarlo mi chiedo se questo libro tradisca il giovane che sono stato, e il Signore in cui quel giovane ha creduto, o se invece vi sia rimasto, a suo modo, fedele.

Non lo so”.

Agrigento, lì 3.8.2016

Gaspare Agnello