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La scrittrice Donatella Di Pietrantonio ha vinto il premio Campiello 2017 con il suoi nuovo libro “L’Arminuta” ed. Einaudi.
Nel 2014 aveva vinto il Premio Brancati a Zafferana Etnea con il libro “Bella mia” che ci aveva impressionato favorevolmente.
Pubblichiamo la nostra recensione al libro “Bella mia”, riservandoci di pubblicare la intervista che ci ha rilasciato.

L’edizione 2014 del premio letterario per la narrativa Brancati-Zafferana Etnea è stata appannaggio del romanzo “BELLA MIA” di DONATELLA DI PIETRANTONIO ed.elliot.

Il libro ha come scenario il terremoto dell’Aquila e racconta la storia drammatica di due gemelle di cui una soccombe sotto le macerie lasciando alla sopravvissuta il compito di crescere un figlio che mal sopporta il padre da cui la madre era separata.

Olivia, dopo la separazione del marito musicista, lascia Roma e ritorna al proprio paese dove trova la morte, e per questo la mamma di Olivia, il figlio e la sorella sopravvissuta  danno una responsabilità indiretta della morte della loro cara al marito che ha rotto il matrimonio e indotto la moglie a ritornare al proprio paese per trovarvi la morte.

I personaggi della storia sono pochissimi. Roberto che è il marito di Olivia, la stessa Olivia morta, attorno alla quale si sviluppa tutta la narrazione, Marco il figlio di Olivia, la mamma di Olivia, Lorenza che, con la mamma di Olivia, condivide il dramma della morte e del terremoto e che ogni giorno si incontrano al cimitero per portare fiori freschi ai loro morti: per loro ogni giorno è il due novembre.

Poi c’è la sorella superstite che è la voce narrante e che non ha, volutamente, un nome e quindi altri personaggi minori tra cui il professore Sandro che apre uno spiraglio di luce nella vita  della gemella superstite che è stata sempre le seconda, subendo la primazia della sorella che le ruba anche l’amore di Roberto che non meritava l’attenzione delle due sorelle..

Il libro ha una grande intensità di sentimenti drammatici e umani allo stesso tempo che coinvolgono ruoli diversi della vita familiare quali il ruolo del padre e quello della madre morta, della zia e della nonna che sono costrette ad allevare un nipote che vive il dramma della morte della madre e la repulsa nei confronti di un padre che ha pensato più a se stesso che al figlio e alla famiglia di origine che avrebbe potuto salvare.

Insomma sono le problematiche del terremoto che ha sconvolto un’intera regione, centinaia di famiglie.  Questo racconto ognuno lo rivive a suo modo e lo recepisce secondo le proprie sensibilità.

I libri sono come i figli e da quando incominciano a vivere la loro vita non appartengono più all’autore ma alla sensibilità di chi li legge.

Io mi sono avvicinato a questo scritto in un momento particolare della mia vita e cioè dopo avere perso la compagna della mia vita per cui il dolore della voce narrante, della gemella privata dalla sua alter ego è diventato il mio dolore e ogni pagina mi ha provocato lacrime e sentimenti di rimpianti e di nostalgia.

La sorella sopravvissuta, che lavora con le ceramiche e quindi con la pittura, parlando di Olivia dice: “Ora siederebbe con le spalle alla finestra, a guardarmi intenta al disegno. Quando ci penso, il colore impazzisce. Si addensa e rifiuta di scorrere, tutto chiuso in se stesso, oppure, al contrario, viene troppo liquido e cola sopra lo smalto asciugato. Il pennello inciampa nelle microscopiche asperità del biscotto.”

Tutto riporta ad Olivia, tutto riporta ai ricordi, al passato a cui ci aggrappiamo per sopravvivere, per non morire: “oggi non evito via del Drago, sono diretto proprio lì. Prima del civico 28, dove vivevano Olivia e Marco, ripasso il computo dei morti nelle abitazioni….”

E questo avviene in uno scenario di desolazione e di devastazione di una città distrutta e rimasta senza vita: “Sbuco su una piazza  amplificata dal candore  e dal silenzio, non la riconosco subito sotto la precipitazione del cielo basso e invisibile. Le case lungo il perimetro, chiuse sul buio interno. Nessun fumo in salita dai comignoli, né odori di cucina. Sarebbe questo il tempo giusto per la molle polenta con il sugo grasso di salsiccia che si addensa piano sul fornello e vela le finestre…”

La scrittrice Donatella Di Pietrantonio ha vinto il premio Campiello 2017 con il suoi nuovo libro “L’Arminuta” ed. Einaudi.

Anche i cuori sono rimasti deserti e aridi. Marco, dopo la morte della madre sotto una trave della sua casa, è rimasto di pietra. La zia sta per salire la spesa su per le scale e lui va ad aiutarla: “è venuto giù per le scale ad aiutarmi, ha preso il sacchetto di patate e la confezione dell’acqua minerale che tenevo con un indice ormai cianotico. GLI HO DETTO GRAZIE, nessuna risposta.”

“Adopera la musica che si versa nelle orecchie come filo spinato tra me e lui.” E Marco diventa protagonista di bravate molto gravi a scuola e fuori dalla scuola. Riesce a dialogare solamente con il cane Bric anch’esso reduce di amare vicende.

Marco forse si sente responsabile della morte della madre che già si avviava fuori di casa ed è ritornata per prendere gli indumenti e le scarpe sportive del figlio, restando, in quell’attimo, sotto una grossa trave di cemento venuta giù dal tetto.

La sorella di Olivia resta viva con un compito immane: deve crescere un figlio che non è suo, deve consolare la madre, cercare di riannodare i fili quasi spezzati tra padre e figlio. E’ un compito arduo che non le consente di vivere una sua vita. Anche il suo ciclo mestruale si è fermato.

Lo scrittore, come diceva Sciascia, per lo stesso fatto di scrivere, non può cedere il passo al pessimismo senza via d’uscita e ha il dovere di attendere una nuova alba per vedere spuntare il sole.

Infatti la vita torna a pulsare, una donna del vicinato esce incinta, lei vive una storia d’amore con  il maturo Professore Sandro e Marco va via con il padre in una tournée musicale e “L’Aquila bella mè” aspetta ancora la rinascita senza avere perso la speranza e la fiducia in un nuovo giorno che lentamente sorgerà.

Il libro della Di Pietrantonio è misurato e senza eccessi sentimentali. Certamente la voce narrante è quella della stessa scrittrice che racconta la sua storia personale non facendosi prendere la mano da facili sentimentalismi o dal mellifluo, come accade spesso in queste situazioni.

E’ entrata in punta di piedi nella psiche dei personaggi, né ha trattato i caratteri e i sentimenti e ha cercato di capire e di leggere nel cuore del nipote che è il personaggio che più aveva bisogno di attenzione perché la sua condizione era difficile da descrivere e da trattare.

I fatti poi li ha descritti nella loro drammaticità terribile come la morte della sorella, il recupero del suo corpo e dei jeans e delle scarpe di ginnastica di Marco che la mamma teneva in mano mentre moriva sotto le macerie.

Drammatica la vestizione della sorella morta.

Un libro veramente delicato che entra nel cuore del lettore, scritto con una prosa semplice che ne rende gradevole la lettura.

La Giuria del Premio Brancati ha scelto un libro di grande valore letterario e sociologico.

Agrigento, lì 18.9.2014
Gaspare Agnello