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La poetessa Maram Al Masri è nata in Siria ed è stata sempre rosa dal virus della libertà assoluta. Al liceo vestiva all’occidentale, usava il rossetto, indossava la minigonna e questo la rese straniera in patria fino al punto che dovette fuggire dalla propria terra per rifugiarsi a Parigi. Ha divorziato dal marito che le ha rapito il figlio impedendole di vederlo per circa tredici anni. Questa amara storia le ha ispirato il libro “Le  rapt” tradotto in italiano e pubblicato da Medinova con il titolo “Lontananza” che è uno dei più struggenti di tutta la sua produzione poetica.

Oggi la sua terra è teatro del più lungo e devastante conflitto bellico che la storia dell’umanità conosca e che la tiene in ansia perché può colpire i suoi cari che sono rimasti in Siria.

Le sue poesie sono state pubblicate nelle raccolte “La donna con la valigia rossa”, “Arriva nuda la libertà”,  “ Ti minaccio con una colomba bianca”, “Ciliegia rossa su piastrelle bianche”, “Ti guardo”, “Les Ames aux pieds nus”, “Anime scalze”, “Le rapt” e sono state tradotte in diversi paesi compresi quelli del mondo arabo, dove hanno fatto lievitare una schiera di giovani poetesse che si sono cimentate con le tematiche della violenza e della libertà e che hanno certamente contribuito al fiorire della primavera araba troppo precocemente sfiorita.

Uno schiaffo ha cambiato la sua vita e l’ha portata alla ribellione…”Forse è morta/ o il suo corpo è morto dopo quello schiaffo/ forse ha preferito che l’anima che l’abitava/ andasse ad abitare un’altra?”.

Nel mondo arabo ma anche in quello occidentale, dice Maram, la donna subisce l’abbandono, la violenza, la paura. “L’abbandono/ fa piangere/ anche Marie Pierre”…..”Anche/ il cane di Pascale/ soffre/ per l’abbandono”.

“….Lui aspetta che io scivoli/ nella vasca per bloccare/ ogni accesso/ persino all’aria./ Pioggia di pietre/ di parole/ tempesta di schiaffi”.

“…Hai rotto il pavimento/ Non ho rotto niente/ Sì…l’hai scheggiato,/ dove? Lui mi ha messo la mano sulla testa/ e mi ha incollato al pavimento. Là”.

E ancora “…Con una sola mano mi bloccò/ tra la porta e il muro,/ le spalle schiacciate/ il corpo compresso./Lo supplicavo di non picchiarmi./ Quel giorno in casa/ non c’era nessuno/ se non la violenza,/ la paura/ e la morte/ che fa la ronda”.

“…Io sono silenzio,/ rabbia,/ pietà,/ tristezza, per l’uomo che mi ha violentato”.

La poetessa Maram è una donna coraggiosa e incita alla ribellione e invita ‘Penelope’ a ribellarsi, ad andare al bar, al cinema, dal parrucchiere, a leggere un libro.

“…Non verrà, le ho detto/ esci Penelope/ soffri, ama, canta, danza, saziati, i tuoi seni si svuoteranno/ sui tuoi capelli cadrà la neve/ le tue acque si prosciugheranno/…Ma lei ha continuato/. Sorda ai richiami della vita,/ prigioniera del mito”.

Maram ha distrutto il mito ed è diventata donna libera, libera di vestirsi a suo piacimento, libera di non amare perché anche l’amore  può diventare schiavitù, libera da se stessa.

Maram vive a Parigi ma il suo cuore è in Siria dove infuria la guerra che uccide uomini, donne e bambini:

“La Siria per me/ è una terra sanguinante/ è mia madre sul letto di morte/ è la mia infanzia sgozzata/ è incubo e speranza/ inquietudine e presa di coscienza/.La Siria per me/ è un’orfana abbandonata/. E’ una donna violentata tutte le notti da un vecchio mostro/ violata/ imprigionata/ costretta a sposarsi/ La Siria per me è l’umanità afflitta/ è una bella donna che canta l’inno alla libertà/ ma le tagliano la gola/. E’ l’arcobaleno del popolo che si staglierà dopo i fulmini/ e le tempeste”.

Attraverso questi versi vogliamo fare conoscere la poesia ‘engagé’ di Maram Al Masri che raggiunge toni altissimi di lirismo e di drammaticità.

Maram parla della Siria e nello stesso tempo vuol riferirsi a tutte le guerre a tutti i popoli del mondo che sono sottomessi alla dittatura e all’oppressione a tutte le donne che soffrono le violenze molte volte e soprattutto anche in nome di Dio.

E’ la Siria, ma anche Gaza dove si muore e si soffre la fame: “ Anche i topi, nella mia casa,/ hanno fame e sete,/ distruzione,/ urla,/ urla/, ma non arrivano/ alle orecchie del cielo,/ in ferie per le feste/. Né agli occhi dei profeti,/ occupati a guardare/ una partita di pallone.”

Come si vede la poesia di Maram e veramente epica, è impegno civile, battaglia, grido di dolore e di speranza è epopea omerica ma non è solo questo.

I suoi versi ci fanno pensare all’usignolo di Parigi Edith Piaf-il passerotto dall’ugola insanguinata” come i versi di Maram.

La sua poesia è soprattutto la poesia dell’amore, un amore malato per via delle vicissitudini avverse della sua vita. Come detto, Maram è dovuta fuggire dalla sua terra, ha subito il rapimento del figlio, ha consumato due divorzi per cui il suo amore è fatto di abbandoni, di tradimenti, di noia, di rivalità, di desideri non appagati, di rivalsa con altri tradimenti, di carnalità.

Ecco l’amore per Maram:

“Venne

Tramutato in corpo d’uomo

E non gli prestai attenzione.

Mi disse:

apri,

sono lo Spirito Santo.

E temendo di disobbedire,

mi lasciai baciare.

Spogliò

Con lo sguardo

I miei piccoli seni timidi,

facendo di me una bella donna.

Soffiò la sua anima nel mio corpo,

facendo risuonare

il fulmine e il tuono.

Amen!”

 

“Desideravo

Che le tue labbra sfiorassero

Il mio collo,

per chiudere gli occhi

ed assaporare

la magia di quel momento

proibito”

UN AMORE CARNALE, abbiamo detto. Ecco:

“Lo voglio,

caldo

e profondo

che mi dia la vertigine;

altrimenti, non ti avvicinare.

Che parta

Dal mignolo della mia mano,

per finire alla punta dei miei piedi,

passando

per i miei monti,

le mie valli e le mie gole

e catturi

la mia anima.”

LA SCHIAVITU’ DELLA DONNA… SPECIE QUELLA  MUSULMANA.

“Il mio compito

È d’essere

Una donna,

di lavarti i piedi

sedurti con la rosa

ogni volta

che torni?”

 

L’ABBANDONO

“Mi chiede

Quanti anni ho

E come chiedi l’età

Ad una donna?

Rispondo

Diciassette anni di fanciullezza

PRIMA DI CONOSCERTI

ALTRI SETTE DI GIOVINEZZA

QUANDO TI HO AMATO

E QUANDI MI HAI ABBANDONATA

IL TEMPO HA INIZIATO A FARMI VISITA”

 

Ti ho aspettato e non sei arrivato

Mio Dio! Sono così triste!

Sono appassiti subito

I fiori che avevo portato con me…

Per presentarteli.”

 

LA POESIA

Sono impegnata

Giorno e notte

A scriverti poesie

Che non apprezzi.

Attendo

Ridotta a pezzi

Da ciò per cui fu creata la Poesia

Non ho forza né potere…

Ai confini del tuo affetto”.

C’è ANCHE, COME ACCADE NELLA VITA REALE IL TRADIMENTO DI LEI:

“ Una donna torna

Con l’odore d’un altro uomo

A casa sua.

Si lava,

si profuma.

Tenace, si spande

L’odore

Del rimorso.”

 

Benedicimi libera,

e sii paziente

dinanzi al mio rifiuto.

Avvicinati quando

T’invito,

e quando

ti trascuro,

impara ad aspettarmi

ACCETTA CHE SIA D’UN ALTRO

E impara l’amore.”

 

Il rapimento e la lontananza caratterizzano la sua poesia.

“La Terra mi ha rubata al

Mare,

per questo vedi le mie labbra insabbiate

e le mie parole come scogli ricoperti di muschio.

La Terra mi ha rubata al Mare.

Per questo i miei occhi ti sembrano

Due pesci

E muti i miei sguardi

Anche se non sono azzurre le mie pupille

Ma le mie lacrime sono ancora…

Salate”.

 

Oh mondo

“Oh fratelli umani

Oh mondo

Avevo un figlio

L’ho nascosto nel mio ventre

Ha condiviso il mio corpo

L’ho nutrito del mio sangue

Gli ho raccontato i miei sogni

Ho cantato per lui, sorrideva

L’ho portato in grembo, cessava di piangere

Me l’hanno strappato dalle braccia

Ho smesso di cantare”.

Ecco cosa scrive in questi giorni:

“Lacrime inondano il mondo

Lacrime inondano il mondo

Il mondo è inondato di lacrime

Le lacrime inondano il mondo”

Alla fine si vuol sapere che è Maram Al Masri.

E’ la poetessa della libertà, la poetessa del dolore, dello sradicamento, dell’amore malato e perverso? E’ tutto questo. E’ una grande poetessa dei nostri tempi che impersona i mali della terra. Ma lasciamo che lei stessa ci dica chi è:

“ Chi potrebbe dire agli alberi che sono colpevoli

Quando lasciano cadere le loro foglie?

Chi potrebbe accusare il mare di abbandonare

Le conchiglie sulla sabbia?

 

Io, madre, donna-madre

Con un seno per il piacere

E un seno per la maternità

Che dà il latte della musica

Racconta storie

Spiega i giochi

Illumina i sentimenti

E la grammatica dei pensieri

Io, donna di voluttà e donna di tenerezza

Virtuosa e peccatrice

Matura e bambina

Dalla mia bocca

Nutro col pane di lettere

Consonanti e vocali

Frasi, sinonimi e metafore

 

Chi mi potrebbe accusare, io

Di donare il mio corpo

All’amore?”

 

E poi l’atto di scrivere come denudarsi dinanzi a tutti:

 

“L’atto di scrivere

Non è già un atto scandaloso?

Scrivere

È imparare a conoscere se stessi

Nei pensieri più intimi

Sì sono scandalosa

Perché svelo la mia verità e la mia nudità di donna

Sì sono scandalosa

Perché grido il mio dolore e la mia speranza

Il mio desiderio, la mia fame e la mia sete

 

Scrivere

È mostrare i mille volti dell’uomo

Il bello e i brutto

Il tenere e il crudele

 

Scrivere è morire davanti a una persona

Che ti guarda senza muoversi

 

È annegare davanti ad una nave che passa vicino

Senza vederti

Scrivere

È essere la nave che salverà gli annegati

Scrivere

È vivere sull’orlo della scogliera

E aggrapparsi a un filo

D’erba.”

Agrigento, lì 25. 11. 2019

Gaspare Agnello