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Il centenario della nascita di Leonardo Sciascia è stato caratterizzato da una lunga serie di pubblicazioni sulla sua vita e sulle sue opere.

Tra questi si colloca il libro DIRITTO VERITA’ GIUSTIZIA – Cacucci Editore – a cura di Luigi Cavallaro Roberto Giovanni Conti ambedue giudici della suprema Corte di Cassazione e siciliani che hanno incontrato Sciascia, il primo attraverso i libri del padre avvocato, il secondo per essere cresciuto in contrada Noce di Racalmuto, dove ha potuto avere contati diretti con il maestro di Regalpetra.

Pietro Curzio, collega dei due, diventato Primo Presidente della Cassazione, ha deciso di celebrare il centenario della nascita di Sciascia con la pubblicazione di un libro, affidando la realizzazione del progetto ai due ‘ giudici ragazzini’ che, oltre ad essere maestri del diritto, sono anche amanti delle belle lettere.

Ma perché un libro dedicato a Sciascia e non ai tanti altri scrittori siciliani di pari grandezza?

Perché Sciascia ebbe il rovello della giustizia.

A tal proposito Ernesto Lupo cita Bufalino il quale ha affermato che “tutti i libri di Sciascia apparivano come un unico grande libro sulla giustizia”

E, come epigrafe al libro, i curatori hanno riportato la frase che Sciascia mette in bocca a un personaggio  di ‘Una storia semplice’: “La laurea in legge era la suprema ambizione della sua vita, il suo sogno”.

I due chiedono di scrivere, ognuno un saggio su un testo di Sciascia, a uomini di grande spessore giuridico e letterario e a Paolo Squillacioti, per fare un libro “Che”, come essi stessi scrivono, “vorrebbe essere , né più e né meno, una riflessione a più voci che provi finalmente a prendere sul serio gli interrogativi sul diritto, sulla verità e sulla giustizia che attraversano tutta l’opera di  Leonardo Sciascia. Una riflessione che viene direttamente da chi con la legge e con i problemi che discendono dalla sua interpretazione e applicazione si misura in quanto giurista, e che ambisce a misurarsi con le risposte che la riflessione sciasciana lascia intravvedere all’immane problema concernente la possibilità, il modo e la misura in cui un ordinamento giuridico può riuscire ad essere garante della verità e della giustizia e, per loro tramite, della persona: problema che, alfine, è lo stesso con cui, oggi, più che mai, si confrontano gli operatori del diritto”.

L’obiettivo dei due curatori è stato perfettamente raggiunto perché i giuristi invitati a scrivere hanno sezionato l’opera di Sciascia facendo venir fuori tutto il dramma della giustizia in Sciascia che è il dramma del giudicare, della ricerca impossibile della verità, del conflitto tra legge e diritto, del formalismo che contrasta con la sostanza, del contesto, del potere, del cittadino uomo che si perde nei meandri di una giustizia che, molto spesso, non è uguale per tutti.

Natalino Irti trattando de ‘Il giorno della civetta’ si sofferma sul contesto in cui avvengono i delitti, e parla dei diritti che si assottigliano e della contrarietà di Sciascia alle leggi speciali, mentre Massimo Donino, partendo da ‘Il consiglio d’Egitto’, dopo avere fatto un excursus storico dell’impostura dell’Abate Vella, ci parla della valenza del falso e della cospirazione che sono, a suo dire, due categorie classiche del diritto penale.

Davide Galliani tratta del libro ‘Morte dell’inquisitore’ e afferma che Fra Diego La Matina, uomo di tenace concetto, è uccisore e vittima di una giustizia ingiusta. Uno che tenne alta la dignità dell’uomo.

Mario Serio si approccia alle tematiche del libro ‘A ciascuno il suo’ e, anch’egli, si sofferma sul contesto formato dai circoli di paese, dai preti, dalla gente comune che impedisce di fare giustizia per cui chi la cerca soccombe come un ‘cretino’, mentre Giovanni Mannone, partendo dal libro ‘Il contesto’, fa un confronto tra Sciascia e Kafka accomunati da inquietudine e paura e delle influenze sul secolo passato di Pirandello, Kafka, Borges e Sciascia aggiungiamo noi.

Il tema diritto e letteratura viene trattato da Nicolò Lipari, oltre che da Paolo Squillacioti, sapendo che Sciascia afferma che la letteratura è verità e serve a superare i formalismi e l’influenza del contesto sociale.

Un discorso a parte merita lo scritto di Gabriella Luccioli che tratta del libro ‘La strega e il capitano’

La Luccioli rileva l’amore dello scrittore di Racalmuto per Manzoni e appunto, partendo da Manzoni,  Sciascia parla di un processo alla stregoneria portato avanti dal potere e dalla Chiesa, un processo terribile che porta a morte Caterina Medici.

La Luccioli inoltre fa una incursione pesante sul mondo femminile nelle opere sciasciane che è assolutamente negativo confermando ciò che noi

abbiamo scritto, con ampia documentazione, nel nostro libro ‘La terrazza della Noce’.

E infine Ernesto Lupo scrive di ‘Porte aperte’ che, come scrisse Matteo Collura, è un libro manifesto contro la pena di morte.

Il libro voluto dal Primo Presidente della Corte di Cassazion Pietro Curzio, direttore della biblioteca di cultura giuridica, e curato da due giovani giudici di cassazione Cavallaro e Conti,  che è fondamentale per la conoscenza di Sciascia, non poteva non aprire un raggio di speranza e questo raggio lo intravvede la Luccioli quando riporta un’intervista DI Sciascia in cui lo stesso afferma: “Sì, ci credo. Credo nella ragione, nella libertà, nella giustizia. Credo si possa realizzare, anche se non perfettamente, un mondo di libertà e di giustizia che sono, insieme, ragione”.

E poi “Il problema vero, assoluto, scrive Sciascia, è di coscienza, è di religione.

Agrigento, lì 23.9.2021

Gaspare Agnello