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Pianista e compositore ungherese

CARATTERI GENERALI DEL SECOLO

La vita di Franz Liszt si svolse tutta dentro il secolo IX. Questo secolo, specialmente nella sua prima metà, è il secolo del Romanticismo, nel quale gli artisti, di ogni tipo di arte, hanno cercato di risponde alla ferrea razionalità dell’Illuminismo con l’esaltazione del sentimento, con l’esaltazione, talvolta esasperata, del genio dell’individuo, e con la ricerca di una via di fuga, che potesse fare approdare all’Assoluto.

Fuga che trova la sua spiegazione nel fatto che la personalità romantica soffre di una profonda inquietudine. Questa Inquietudine nasce dalla insoddisfazione del presente e dall’ aspirazione a conquistare ciò che è al di là delle cose: l’Assoluto.

Il Novalis manifesta la condizione romantica con l’espressione:”dentro di noi (…) stanno i regni dell’eternità, il passato e il futuro”.

E lui, per primo, ha un desiderio di nostalgia e di ricerca, una specie di “mal di vivere”, ante litteram, che lo spinge a “fuggire”, sospinto prepotentemente dall’ ”ardore selvaggio d’un cuore malaticcio”.

Le vie di fuga, per realizzare se stessi, vengono trovate nello studio della storia (specialmente quella medievale); in quello dello spazio (con paesaggi dolci, sereni e rassicuranti); nella interpretazione della natura (ora madre, ora matrigna), nell’arte, nell’amore e nella morte (Eros e Thanatos).

La creazione artistica, allora, costituisce, per i romantici, un momento elevato di evasione, perché, con essa, l’artista costruisce una realtà, fuori del tempo e dello spazio; libero, e senza limitazione alcuna, nel suo produrre.

Franz LISZT fu figlio di questo tempo, e si sentì in diritto di incarnare, nella sua vita, gli ideali del romanticismo che, di fatto, liberavano l’uomo di genio dalla morale comune e dai suoi obblighi.

L’INFANZIA E I PRIMI STUDI

Franz Liszt nacque a Raiding (allora, in Ungheria, ma oggi in Austria) il 22 ottobre del 1811 e morì a Bayreuth, in Germania, il 31 luglio del 1886.

Il padre, di nome Adam, che era amministratore del principe Nicolas Esterhazy ed ottimo dilettante di musica, fu il suo primo maestro di pianoforte, che, per grazia, assolutamente particolare, venne gratificato, prestissimo, dal proprio figlio/allievo, che era veramente geniale.

Questi, infatti, a soli nove anni, fu pronto per il suo primo concerto, che colpì, così favorevolmente, il principe, la corte e i nobili che vi assistettero, che, subito furono trovati i soldi necessari per realizzare una borsa di studio, che affinasse il talento musicale del giovane.

Si raccolsero ben 600 fiorini, da spendere nella città di Vienna. Qui, infatti, molto presto, vi si trasferì la famiglia Liszt, che pose il giovane sotto la guida del celebre Carlo Czerny, per il pianoforte e, dell’altrettanto celebre,  Antonio Salieri, per la composizione.

Il ragazzo, veramente geniale, presto, molto presto, diede i suoi frutti, e, nell’aprile del 1823, a 12 anni, tenne, a Vienna, un concerto, dinanzi a 4000 persone, al quale, per curiosità, assistette anche Beethoven, che, alla fine, lo  abbracciò, in pubblicò, tra gli applausi di un  popolo entusiasta e sbalordito per la sua abilità tecnica.

Ma ormai anche Vienna non era più bastevole per il giovane Franz , che aspirava a diventare pianista di altissimo livello. E nel dicembre del 1823 la famiglia Liszt si trasferì in quella che, allora, era la capitale della musica, dell’arte e della cultura, Parigi.

Franz e la sua famiglia contavano di entrare nel conservatorio musicale di quella città, che, alla conclusione degli studi, lo avrebbe reso preparatissimo e celebre.

Ma, il direttore, Luigi Cherubini, non lo ammise alla frequenza perché non era cittadino francese.

Fallito il sogno del conservatorio parigino, si pensò, allora, di recuperare l’alta preparazione, ricorrendo alle lezioni di chi, in quel periodo, era all’apice della attività musicale della città e della Francia. Era l’italiano Ferdinando Paer, che, ben volentieri, fu disposto a dargli lezioni di composizione.

Lo stesso docente, abbagliato dalla  sua tecnica pianistica, e fiducioso nel talento dell’allievo, lo invitò a scrivere un’opera teatrale, un atto unico, dal titolo: “ Don Sance, o il  Castello d’amore”.

Franz, che, sicuramente, era conscio di non essere ancora pronto per quella produzione, ma infatuato, probabilmente, in maniera esagerata, dall’amor di sé, accettò l’invito e lavorò a quell’opera con tale assiduità che, nell’ottobre del 1825, questa fu pronta e rappresenta con grande aspettativa di tanti.

Ma il pubblico,come sovente avviene, non rispose alle aspettative del giovane e del suo maestro e il successo, di questo atto unico, fu piuttosto deludente.

Il risultato, incassato, spinse Franz, che fino ad allora aveva riscosso grande ammirazione e stupore per la sua abilità tecnica, ad abbandonare la composizione operistica, ed a curare, in maniera particolarissima, il pianoforte, perché solo attraverso questo strumento egli sarebbe arrivato al trionfo.

 

Liszt, allora, cominciò a scrivere opere di carattere didattico come le “Sette Variazioni brillanti su di un tema di Rossini”, e “STUDIO in 48 esercizi”, in tutti i toni maggiori e minori (1827), che, per i pianisti che sono venuti dopo di lui , sono testi fondamentali su cui formarsi.

 

L’ARTISTA E L’UOMO

La fama di questo ragazzo, mingherlino e timido, che, nonostante l’età giovanile, riusciva a incantare gli ascoltatori nei suoi concerti, presto, assai presto, si allargò oltre i confini di Parigi e della Francia e, dal 1825 in poi, andò, a 14 anni, appena, a tenere concerti prima nella vicina Svizzera e poi a Londra.

A Londra, egli fu ricevuto addirittura dal re Giorgio IV, dinanzi al quale si esibì, conquistando il plauso  regale e della corte.

In questo suo primo giro artistico egli venne sempre e dovunque osannato come un pianista “virtuoso”, e la sua fama si consolidava come il più grande tecnico del tempo.

 

L’ANNO FATALE  1827

Tornato, nel 1827, a Parigi, in seno alla sua famiglia, soddisfatto e felice per gli esiti conseguiti, qui, dopo poco tempo, fu colpito  da un grave lutto, che probabilmente non si aspettava così presto: la morte del padre.

Or l’anno 1827 è l’anno, anche, di un’altra grave delusione, per il nostro Franz/ “ragazzo”.

Egli,infatti, che dava lezioni di pianoforte ad una bella giovane, di nome Caroline de Saint-Cricq, si innamorò, quasi subito, della sua allieva, che poi, era pure sua coetanea, e ne nacque una relazione che venne subito stroncata dal padre della giovane, che era pure un ministro dello Stato francese.

Per Franz, ciò fu un durissimo scacco; e lui non era certamente pronto per poterlo subire senza conseguenze.

Egli ne soffrì terribilmente; e non andiamo lontano dalla verità se pensiamo che interiorizzò questo tristissimo accadimento, celando, dentro sé, situazioni di carattere psicologico, che verranno alla luce in certe sue future prese di posizione, che lasceranno, anche i suoi stessi contemporanei, abbastanza perplessi.

 

Ma nella città della cultura e dell’arte, a Parigi, la sua fama gli procurò inviti continui e numerosi nei vari salotti cittadini.

Qui ebbe modo di conoscere: Victor Hugo, Delacroix, Berlioz, Lamartine, Lamennais; ed altri musicisti stranieri come Chopin, Meyerbeer.

Conobbe pure George Sand, che, per qualche breve tempo, lo ebbe anche suo ospite.

GLI AMORI

Nel 1833, in casa di Chopin, quando aveva appena 22 anni, ebbe l’occasione di incontrare la contessa Maria de Flavigny d’Agoult, di cui si innamorò all’istante, e dalla quale fu corrisposto con il subitaneo abbandono, da parte della contessa, del marito e di tutto quello che a lei importava, per seguire il suo pianista a Ginevra, dove lui insegnava.

Il loro fu un amore forte e senza condizioni, tanto che Maria resterà con lui fino al 1840, e dalla loro unione nacquero tre figli: Blandine, Cosima e Daniel.

 

Ma la vita affettiva di Liszt non fu lineare e serena, come si potrebbe pensare in un pianista, tutto dedito al suo pianoforte, sui tasti del quale passa buona parte della intera giornata. La vita del nostro Franz, invece, fu costellata da numerose, numerosissime, presenze femminili che diedero da chiacchierare abbondantemente ai suoi conoscenti, a tutta Parigi ed anche all’Europa, perché la sua fama si era allargata al di là di molti confini nazionali.

Alla fuga, con la contessa Maria, seguì l’infatuazione per la danzatrice Lola Montés e poi quella per la principessa polacca Sayn-Wittgenstein, sposa-separata di un ufficiale russo.

Questa vicenda riempì le cronache mondane della Europa ottocentesca.

Ma, per il nostro pianista non era ancora finito il tempo dell’amore, perché fu soggiogato, e senza grandi difficoltà, dal fascino di Olga Janina, che lo seguirà perfino  in Italia, fino a Tivoli, a Villa D’Este, nonostante l’artista cercasse di allontanarla.

E nonostante la pressione della Olga, egli ebbe modo di corrispondere all’amore della baronessa von Meyendorff e di Lina Schmalhausen, una donna definita avvenente  e charmante.

Egli, scrivono i biografi, fu generoso con tutte e si servì di tutte, nei suoi bisogni.

 

LA SUA GENEROSITA

Dal 1830 al 1848 esercitò l’attività di concertista “virtuoso” di pianoforte, in viaggio per tutta l’Europa, dimostrando non solo la sua grande bravura, ma anche una grande generosità verso chi si trovava in difficoltà materiale.

Infatti, in occasione della inondazione  del Danubio intraprese un ciclo di concerti con l’intento di devolvere il ricavato ai sinistrati suoi concittadini.

Fu, pure, generosissimo per l’elevazione, a Bon, del monumento a Beethoven, contribuendo con una cifra, astronomica anche oggi, di 60.000 fiorini.

Ovunque con i suoi concerti fu osannato e festeggiato come una antica divinità greca.

 

Per quanto riguarda l’attività produttiva musicale, dal 1838 al 1847 vengono approntati “Ventiquattro grandi studi” , l’Album di un  viaggiatore, ecc.

 

 

 

MAESTRO DI CAPPELLA A WEIMAR

Nel 1842 si trasferì a Weimar, dove svolse il ruolo di Maestro di cappella della corte e di direttore d’orchestra.

In questo ruolo, nel 1843 diresse, a Breslava, il Flauto magico di Mozart; nel 1850 la prima del Lohengrin e, nel 1852, il Benvenuto Cellini di Berlioz.

 

In questo stesso periodo Liszt dimostrò interesse per gli artisti proiettati verso la musica dell’avvenire, musica slegata, cioè, ai vecchi canoni e rispondente agli ideali romantici, portati avanti da Wagner.

Liszt fece di Weimar uno dei centri musicali più prestigiosi d’Europa.

 

ROMA E LA MATURITA’

Ma non tutto, a Weimar, era tranquillo e la serenità non era una prerogativa del nostro pianista, che invece veniva impedito nei suoi sogni da chi, conservatore musicale, non era in grado di apprezzare la nuova piega della musica tedesca.

Così nel 1861, per l’ostilità di questi conservatori musicali, irritato e stanco, lasciò la sua città e si trasferì a Roma, dove fu accolto con quella attenzione di sempre e di dovunque

A Roma non ebbe, però, particolari incarichi, che lo legassero alla città, se non teniamo conto della presenza, nella città eterna, della sua antica fiamma, la principessa Sayn-Wittgenstein, che in quel periodo aveva, anche,  saputo della morte del proprio marito.

La donna spinse Franz a regolarizzare, finalmente col matrimonio, il loro amore e vennero intraprese anche le pratiche necessarie, per pervenire allo scopo.

Ma il papa non concesse la dispensa alla principessa e, di fatto, quel matrimonio non venne mai celebrato.

In questo stesso lasso di tempo avvenne un fatto, che possiamo chiamare “colpo di scena”, tipico della figura di Liszt: il nostro Franz pensò di ritirarsi presso il monastero della Madonna del Rosario, a Roma.

Come primo atto, per realizzare questo desiderio, chiese di ricevere gli ordini minori. Questi gli verranno dati il 25 aprile del 1865, all’età di 54 anni, e lo fecero chiamare, con molta esagerazione, col titolo di abate.

In realtà gli ordini minori, che sono quattro (ostiario,lettore,esorcista,accolito), tolto quello di esorcista, corrispondono alle attività che svolgono, oggi, i sacrestani e i chierichetti nella parrocchia. Questi ordini non vincolano il soggetto alla chiesa e perciò chi li riceve può contrarre regolarmente matrimonio, come avviene anche oggi. In ogni caso chi ha ricevuti questi ordini non si può fregiare del titolo di “abate”.

Gli ordini minori venivano dati, fin dal medioevo, a quei letterati, come è avvenuto per Francesco Petrarca, per Ludovico Ariosto e molti altri, che si dedicavano alla cultura e alla letteratura e, non esercitando alcuna attività lucrativa, venivano mantenuti, grazie ad un beneficio (economico) ecclesiastico, che li legava vagamente alla Chiesa e li scansava certamente dalla influenza dei prìncipi laici.

 

Il periodo romano di Franz Liszt fu lungo circa nove anni e in questo periodo, egli lavorò su due oratori: Christus e la Leggenda di santa Elisabetta.

GLI ULTIMI ANNI E LA MORTE

Ma, sfumato il desiderio di ritirarsi in monastero, sbollita l’irritazione verso i suoi concittadini di Weimar, Liszt nel 1870 ritornò nella sua città.

Qui organizzò un festival di opere wagneriane, che gli darà finalmente l’opportunità di pacificare con la figlia Cosima, con la quale aveva rotto i rapporti dopo che questa,  abbandonò  il maestro Bulow, suo marito,  per seguire Wagner, di cui era innamoratissima.

Ritornò anche a Bayreuth, dove era stato innalzato il tempio della nuova musica, e qui allestì il Tristano ed Isotta di Riccardo Wagner, che fu presentato il 25 luglio del 1886.

Ma, dopo lo spettacolo, ritornando a casa, prese tanto freddo e questo gli procurò una polmonite galoppante che, nel giro di sei giorni, lo portò alla tomba.

Morì infatti il 31 luglio del 1886 nello stesso luogo del suo tempio musicale.

I funerali furono semplicissimi, come peraltro egli aveva voluto, e Bruckner, durante la celebrazione, all’organo improvvisò delle variazioni sul tema del Parsifal.

 

SI DISSE DI LUI

– Fu un autentico inventore del recital pianistico e virtuoso assolutamente fenomenale,

ma terribilmente esibizionista e istrionico.

– Imponeva rispetto per la sua devozione e generosità, per la nobiltà di carattere e per l’inverosimile capacità lavorativa.

– ebbe numerosissimi allievi.

– ha lasciato un segno profondo nella storia musicale, sia sotto il profilo creativo che interpretativo, riuscendo ad arricchire la gamma espressiva del pianoforte delle più spericolate e sorprendenti trovate. Basta pensare al pirotecnico glissando,ai salti a grandi intervalli, ali incroci di mano, ai possenti arpeggi.

– Fu un esecutore trascendentale e di straordinaria fantasia inventiva.

– Il nostro scapigliato e romantico musicista fu proteso verso un sogno di grandezza

e di glorificazione dell’io, sospinto da un’ansia creativa e interpretativa senza confini.

– Ma fu anche un anticipatore di fenomeni seguenti, svincolando l’artista dalla soggezione all’ordinamento classico.

– Liszt aveva la musica nel sangue e fu il pianista per eccellenza.

– Fu unico, nel suo genere, e riempì di sé tutto il periodo romantico.

– “Se Bac è l’alfa della composizione pianistica, Liszt è l’omega in quanto riassume tutte le esperienze precedenti e preannuncia quelle libertà formali che troveranno ampio sfogo ed attuazione sul finire dell’Ottocento e nel XX secolo” (Busoni).

CI  RESTA DI LUI

Musica Sacra: 5 messe; 6 grandi salmi; 1 Requiem; 6 oratori (tra cui Christus); un gran numero di inni e cantici, ecc.

Musica per orchestra: 12 poemi sinfonici (tra cui: Tasso, I preludi, Prometeo, Ma zeppa); 2 sinfonie (Faust e Dante).

Musica per pianoforte: 2 concerti e Totentranz ; 24 studi ; 6 studi da Paganini ecc.;

Anni di pellegrinaggio; 2 leggende;  Sonata; 19 rapsodie ungheresi;

Scritti  letterari: 7 volumi di scritti e lettere.