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“La Catastròfa – Marcinelle 8 Agosto1956” Ed. Sellerio di Paolo Di Stefano.

Il giornalista Paolo Di Stefano si è cimentato nella scrittura letteraria con libri di grande successo quali “Baci da non ripetere” (1994 Premio Comisso), “Tutti contenti” (2003, superpremio Vittorini), “Nel cuore che ti cerca” (2008, premio Campiello e Brancati) che noi abbiamo ampiamente recensito nel blog  www.gaspareagnello.it.

Quest’anno si presenta ai lettori con un libro inchiesta “La catastròfa” “ Marcinelle 8 Agosto1956”, in cui esamina gli aspetti sociologici, politici, giudiziari, ma soprattutto umani della grave sciagura di Marcinelle dove morirono 262 minatori, di cui 136 italiani, provenienti dalla povertà post- bellica  dei paesi meridionali quali Manopello, Lettomanopello, Cimadilmo, Ferrazzano, Caltagirone, San Giuliano, Ranchis, Pavullo, Agrigento.

Di seguito il video della puntata, dello speciale “Un libro per amico” che va in onda su Tele Video Agrigento,  dedicata  a Paolo Di Stefano, con una mia intervista sul suo libro “La Catastròfa”.

Il mio ricordo personale di Vice Sindaco di Grotte di quel tempo è del sollievo, provato, nel grande clima di dolore, che nessun nostro paesano si trovasse coinvolto in quell’incidente, pur avendo Grotte centinaia di suoi figli sotto le miniere di carbone del Belgio, dove si erano recati per lenire il grave stato di disoccupazione che attanagliava la nostra terra.

Il Governo di De Gasperi aveva fatto un accordo infame con il governo Belga e aveva mandato in Belgio carne umana in cambio di carbone e di rimesse.

Quegli operai, venduti a uno stato straniero, aiutarono la rinascita economica del nostro paese, ma il grave è stato che nulla o poco ha fatto il Governo italiano per assicurare un minimo di sicurezza nei posti di lavoro per i propri figli, di conseguenza le disgrazie e i morti furono tanti e non solo quelli del Bois du Cazier.

Il libro scritto a “futura memoria, ove la memoria avesse un futuro”, come dice Sciascia, è un documento drammatico di quella situazione, di quella tragedia, dello stato dei nostri lavoratori, delle vedove e degli orfani che pagarono le conseguenze di quel dramma, alcuni uscendo positivamente altri continuando a pagare un prezzo di sottosviluppo.

L’opera ha la grande valenza di ricordare ai giovani e alle future generazioni un pezzo della nostra storia drammatica, il prezzo del nostro riscatto economico, i protagonisti di quello che poi è stato il boom economico.

Sono passati cinquantacinque anni da quel fatidico 8 Agosto 1956 e oggi l’Italia ricorda quell’evento con una scarna notizia sul TG1 di pochissimi secondi.

Ma noi scorrendo i titoli dei 21 capitoli del libro ci rendiamo subito conto che stiamo trattando di un terribile dramma del mondo del lavoro. Eccone alcuni: Finchè abbiamo capito che papà nostro non tornava più;  Andavamo a morire per un pezzo di pane;  Era tutto un pianto che non si dimentica;  La gioventù nostra è stata venduta dal Governo; La mia storia di barbiere è stata bellissima;  Avevamo la speranza che qualcosa poteva succedere;  Interrogatori sul fuoco, sull’acqua e sull’olio;  Poveri figli rimasti senza padre;  E io vorrei sapere con chi parlo al cimitero.

 

Il libro, oltre al dramma umano, ci racconta delle mancate  misure di sicurezza, dell’inchiesta carente che si è chiusa in maniera offensiva per i nostri morti, con la sola condanna lieve per un ingegnere,  del fatto che nessuno ha potuto rivedere i propri cari e ci lascia con il dubbio che, probabilmente, nelle bare consegnate ai parenti e restituite al nostro paese, ci fossero pezzi di carbone e non i corpi dilaniati e bruciati dei poveri minatori italiani.

Nino, il figlio di Emidio, morto nella catastrofe, non si rassegna alla perdita del padre, vuole l’autorizzazione delle autorità italiane per riaprire la bara per vedere se veramente, in quella bara, ci fosse il corpo del padre; va in Canadà a interrogare Iannetta, l’operaio responsabile del disastro e si rende conto che forse la catastrofe è stata voluta dai proprietari della miniera che cercavano una scusa per chiuderla.

Nino cerca ma le sue domande non avranno mai una risposta esaustiva.

Esiste il dramma di  262 minatori morti di cui 163 italiani, ne dobbiamo prendere atto, li dobbiamo ricordare come eroi inconsapevoli di una nostra grande storia, li dobbiamo additare alle giovani generazioni quali artefici della nostra rinascita economica.

Il libro di Paolo Di Stefano è un monumento eretto a ricordare una storia che nessuno deve dimenticare.

A questo punto vogliamo fare alcune considerazioni di natura letteraria e dobbiamo subito affermare che non siamo in presenza di un’opera letteraria ma solamente di un’inchiesta di natura giornalistica. Ma l’Autore, che è un ottimo scrittore, dà comunque al libro un grande valore letterario riuscendo a legare tutti i fatti con un filo comune che trasforma le storie in un’unica sinfonia del dolore.

E poi Paolo Di Stefano, come al solito, riesce a manipolare il linguaggio in modo eccellente usando  lo “slang” dei vari protagonisti della vicenda, con un risultato veramente bellissimo.

La catastròfa è un libro di inchiesta ma che, attraverso la mano esperta dell’autore, può consentirsi di partecipare alla assegnazione di un premio letterario quale il premio letterario Racalmare “L. Sciascia” città di Grotte, un libro che va letto.

Chiuppano (VI), lì 20.8.2011

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