Il giornalista Lorenzo Rosso ha pubblicato, con la casa editrice Ecumenica di Bari, il racconto “PASSAGGIO AD AKRAGAS”, stampato in cinquecento copie che non sono in vendita e che vengono “omaggiate”, come scrive l’illustre e acuto prefatore Gianofrio Pagliarolo, “a coloro che sono in grado di cogliere “lo stimolo per avventurarsi nella conoscenza di una città millenaria e sempre affascinante come Agrigento”.
Il libro, oltre alla bella e illuminante prefazione di Gianofrio Pagliarulo, contiene cinque pregevoli disegni
dall’eclettico artista Silvio Benedicto Benedetto.
La storia narrata nel racconto nasce da un fatto realmente accaduto negli anni sessanta allorquando un pittore americano se è stabilito, per un certo periodo, ad Agrigento per dipingere le bellezze della città greca.
Peter Sconocchia viene ad Agrigento con sua moglie di origine russa: Katarina la Principessa e vi resta per circa 10 anni, dipingendo la città araba, i suoi vicoli, i suoi archi, i suoi palazzi, i monumenti greci ma soprattutto la luce sfolgorante che illumina, quasi tutto l’anno, le rocce di tufo calcareo donando un colore tutto particolare ai monumenti della valle.
Peter vede quello che noi residenti non vediamo e prova emozioni e sensazioni che del resto hanno provato i grandi viaggiatori del settecento o dell’ottocento come Goethe, Vuillier ed altri.
Camminando nella valle Peter osserva gli alberi di mandorli, gli ulivi solitari, gli imponenti templi dorici, il mare di un azzurro intenso e sfolgorante che, all’orizzonte, si confonde con lo splendore del cielo; e parla con gli dei che ancora si aggirano nella valle e che gli agrigentini non vedono per l’assuefazione, mentre i ‘forestieri’ incontrano.
E poi i colori della valle che a febbraio si veste del bianco dei mandorli in fiore, a gennaio diventa vellutata per via del grano che incomincia a spuntare e poi di bianco per via della “sinicciola” e di giallo per il fiorire della ‘caracitula’ e poi a giugno di colore oro.
Insomma il forestiero artista resta stordito da tutto questo insieme di bellezza ed è portato a stimolare la sua vena artistica e così Peter può produrre tutta una serie di tele che venderà, a caro prezzo, ai grandi musei di tutto il mondo.
Nessun agrigentino avvicina o fa amicizia con Peter, solo il giovane Salvatore lo va a cercare e apprende alcun elementi dell’arte del dipingere.
Giovanni, assessore del tempo, lo incontra qualche volta ed è l’unico che conserva un piccolo quadro di Peter che, dopo dieci anni, lascia Agrigento per la Provenza la terra del felibrista Mistral che aveva intensi contatti con il nostro Alessio Di Giovanni.
Lorenzo Rosso ha saputo descrivere questa storia con grande maestria e con una prosa bella e scorrevole che invita alla lettura. Ma quello che più colpisce è la descrizione dei luoghi, la situazione della nostra città che descrive con poche ed essenziali pennellate. Il libro crea l’atmosfera mitica che io provo ogni mattina quando mi reco alla valle dei templi e attraverso la via sacra osservando la muraglia, le tombe ad arco soli, il mare che è abbagliato dalla striscia luminosa del sole ed io, che non sono nato i in questa città, incontro tutti giorni gli dei ‘falsi e bugiardi’ che sento più vicini di quelli della religione cattolica perché sono più veri, più umani, meno moralisti, ognuno badando al suo ramo di competenza. Incontro ‘Giuno la diva dalle bianche braccia”, Agave trasformata in pianta per avere ucciso il proprio figlio di sette anni e che poi, per la legge del contrappasso, viene uccisa dal figlio quando compie sette anni, Ercole e i due gemelli cavalieri.
Giove, il cui tempio è un ammasso di rovine, imbronciato che veglia su tutto e soprattutto controlla che Prosperpina puntualmente ritorni sulla terra per portare la luce e la primavera nella Valle dei Templi che è un piccolo Olimpo dove gli dei vivono ancora.
Lorenzo Rosso con il suo racconto ha saputo toccare le corde dei lettori e questo va a suo grande merito.
Il racconto, essendo una breve composizione, è essenziale e riesce a raggiungere immediatamente il suo scopo, perchè scritto con amore e capacità letteraria. Non a caso oggi vanno di moda i libri di racconti che, molto spesso, il lettore preferisce alla lunga narrazione.
Agrigento, lì 23.1.2016
Gaspare Agnello
Caro Sig. Gaspare Agnello, su mia richiesta e molto cortesemente, lei ebbe a inviarmi tempo il suo commosso omaggio a Michele Lizzi (“Michele Lizzi – Musicista del ‘900”),che ho riletto proprio stamani con immutato interesse. Ora, a p. 19, compare il termine ‘torgure’ che non ho trovato in nessun vocabolario cartaceo o on line. Sarei lieto se potesse delucidarmene il significato, a meno che non si tratti di un refuso. Quanto a “Passaggio ad Akragas”, di Lorenzo Rosso, sarei lieto di sapere a chi devo farne richiesta.
Un’ultima cosa: ho appreso che è stato intitolato al Canonico Domenico De Gregorio il seicentesco sagrato della Basilica Metropolitana di Agrigento. C’è qualche cartiglio che lo indica? E se sì, può inviarmene foto? Cordiali saluti. Vittorio Riera da Palermo
P. S. Sto studiando gli scritti e l’opera del Canonico grazie a una pregevole pubblicazione del prof. Calogero Messina (di S. Stefano Quisquina), già docente di Storia Moderna presso l’Università di Palermo.
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