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Un libro lo si legge perché lo sceglie e la scelta è determinata da esigenze personali , dalla formazione del lettore e da tanti altri fatti culturali, ma quando lo si deve leggere per ragioni inerenti un lavoro o un incarico, allora la lettura diventa un fatto obbligatorio e quindi noioso.

In Viaggio Con Mio Padre di Bice Biagi

Ho dovuto leggere il libro di Bice Biagi “In viaggio con mio padre” –Rizzoli editore- in qualità di componente della Giuria del Premio letterario Racalmare L. Sciascia Città di Grotte e mi sono accinto a questa fatica con una certa repulsione perché non mi interessavano i fatti della famiglia Biagi.

Però ogni libro è un figlio e quindi ogni figlio ha sempre un suo fascino particolare e il libro della Biagi ha il sapore del “pane casareccio”, delle cose buone e antiche che vengono dalla genuinità della campagna. Anche la prosa assume un sapore “casareccio” di semplicità, di confidenziale, di racconto intimo, come di uno sfogo personale tra amici che si raccontano la loro storia familiare in una lunga passeggiata tra i sentieri di una campagna in collina.

La storia dei Biagi è diventata la mia storia e ho rivisto il mio paese in collina con i braccianti e gli zolfatari, ho rivisto mio padre, mia madre, i miei fratelli, la casa dove sono nato, il mondo della via Crispi.

Certo mio padre non ha avuto la notorietà del grande giornalista Biagi, ma è stato grande come tutti padri che amano i loro figli che si inorgogliscono per i loro piccoli successi, che si sacrificano per il loro avvenire.

Mi è venuto in mente il cavallo di zucchero che mio padre mi regalava per la festa dei morti, la sua gioia per il mio diploma di insegnante, il suo orgoglio per la mia elezione a Vice Sindaco e tutto il mondo della mia infanzia.

Prepotente è venuta fuori mia madre con la sua grandezza infinita, con i suoi grandi sacrifici per accudire tre figli maschi e il marito che certamente ne fanno un’eroina. Non so se veramente esiste il paradiso, ma se dovesse esistere certamente mia madre sarebbe tra le elette a godere della luce del divino.

Il fatto che un libro riesca a suscitare questi sentimenti, già lo colloca tra le cose più belle che si sono lette e gli fa meritare l’ingresso nella terna dei libri da premiare al premio letterario Racalmare.

Ma il libro di Bice Biagi non è solo questo, non è solamente un racconto intimistico, è anche la storia di tre quarti di secolo del nostro martoriato paese: il fascismo, la lotta partigiana, la ricostruzione, la rinata democrazia fino all’editto bulgaro che è emblematico di una grande involuzione democratica e illiberale della nostra storia recente di cui parleranno gli storici in tempi più lontani.

Gli italiani tutti, meno qualcuno, abbiamo amato Enzo Biagi per la sua mitezza, per la sua signorilità, per il modo come entrava nelle nostre case e per come raccontava gli avvenimenti politici e non del nostro paese.

Bice Biagi

I giovani probabilmente lo conoscono maggiormente per la sua ultima trasmissione “Il fatto”, ma noi che siamo più anziani lo conosciamo per i suoi libri e soprattutto per la sua storia personale, per la vicinanza a “Giustizia e libertà”, per il fatto di essere stato un partigiano, un combattente per la libertà.

Ci riesce difficile comprendere come un uomo così mite, così gracile, abbia potuto scegliere la guerra partigiana per preparare attentati contro i tedeschi o i repubblichini e quando la figlia ci racconta di come Enzo Biagi ha ucciso un cane per salvare la sua vita e quella de suoi compagni ci sembra che il protagonista potesse essere un altro personaggio. E invece è Enzo Biagi che tra l’oppressore fascista e nazista e la libertà, ha scelto la libertà e la democrazia lasciando la propria casa per andare sulle montagne dell’appennino emiliano, rischiando la propria vita.

E a questo punto dobbiamo dare atto a Bice Biagi che in questo “In viaggio con mio padre” ci ha presentato uno spaccato dell’Italia “partigiana” molto bello e istruttivo.

La Biagi non trascura il fatto che oggi ci sia una corrente revisionista che vuole cancellare il valore e l’importanza della lotta partigiana, come se fosse stata solo una lotta di “comunisti”.

La lotta partigiana è stata una lotta di popolo, di comunisti, di cattolici, di socialisti, di giustizia e libertà e i morti della libertà non possono essere assimilati a coloro che sono morti per far restare in Italia la barbarie.

Certo i morti vanno tutti rispettati e onorati ma la storia esige la verità e la storia partigiana non può essere cancellata o confusa con altre cose come vorrebbe fare il “nuovo cavaliere” che forse ha qualche nostalgia del “vecchio cavaliere” che condusse l’Italia al disastro.

E qui la Bice Biagi, mentre ci presenta tanti partigiani, rivaluta quella storia e ne riconferma la validità a prescindere dai tanti errori e dalle brutture che ogni guerra porta con sé.

Significativo è l’incontro con Piera Mansuero, figlia di Giovanni, il partigiano “ Cok” nativo di Cossano che sul frontespizio del libro di suo padre, sul periodo partigiano ha scritto: “Vorrei dire che mio padre, nei tanti anni vissuti finora, ha dimostrato, con la sua vita, il suo proposito di contribuire alla pace e non alla guerra”.

E noi assieme alla Bice Biagi, vogliamo trascrivere il racconto di Giovanni Mansuero, in cui descrive i motivi della sua scelta partigiana e ciò per fare capire alle giovani generazioni e ai revisionisti il senso di una scelta:

“ Verso la fine di ottobre 1943 pensai che presto sarebbe arrivata la cartolina precetto anche a me, per andare sotto le armi con i fascisti e i tedeschi, ma questo proprio non mi andava. Versò la metà di ottobre iniziò a circolare la voce che in montagna si erano formati alcuni gruppi di partigiani. Decisi di andare con loro. Fu una decisione molto sofferta. Mi pareva di andare contro le leggi e contro lo Stato, ma poi pensai che lo Stato non esisteva più: c’era la Repubblica di salò che era pilotata dai tedeschi e c’era il governo Badoglio, però il nord e il centro erano tagliati fuori. Chi l’ha vissuto non può dimenticare l’autunno del 1943, era il momento delle scelte e delle decisioni, si poteva prendere la via giusta o sbagliata. Le scelte erano tre: andare al militare, nascondersi in qualche cascinale oppure andare in montagna con le formazioni partigiane; quella per me è stata la via giusta”.

Quella è stata la via di Enzo Biagi e di tanti e tanti giovani che si sono sacrificati per la nostra libertà. E noi gliene dobbiamo essere grati.

La mia generazione e quella di Enzo Biagi è nata e cresciuta nel buio del fascismo. Tanti uomini valorosi, grandi o piccoli che siano stati, hanno contribuito a ridarci la luce, la democrazia e la speranza e hanno cambiato la nostra vita.

Come eravamo…nelle montagne, in una civiltà rurale bella ma misera: oggi siamo figli di un’Italia risorta, siamo cittadini dell’Europa. Con tutte le contraddizioni del nostro tempo, possiamo dire che viviamo in un’epoca nuova e più bella e questo lo dobbiamo ai tanti Enzo Biagi che ci hanno preceduto.

Grazie signora Bice per questo suo libro che rimarrà nei nostri cuori.

E’ possibile acquistare il libro online dal sito web della Rizzoli:
http://bur.rcslibri.corriere.it/libro/3970_in_viaggio_con_mio_padre_biagi.html

Agrigento,l’ 3.8.2010 www.gaspareagnello.it